All posts filed under: Letteratura

Casino

casino

Casino può essere una piccola casa di campagna, come la capanna dello zio Tom. Un archetipo interessante che simboleggia tutto quello che sta dentro alla parola inglese home. Gli affetti, la sensazione di tenerezza tra le coperte di casa tua, il divano di velluto che ti abbraccia nelle sere più fredde mentre leggi un libro avvincente e di tanto in tanto ti affacci da quella finestra sul versante est – la stessa dalla quale hai fotografato mille e mille albe – a guardare le stelle. D’inverno da lì risplende sempre la costellazione di Orione e col tempo ho imparato anche a riconoscerne le più intime componenti: Bellatrix, la donna guerriera, Rigel (β Orionis) la più luminosa, Betelgeuse che forse a breve esploderà, passando a vita nuova, diventando una bella supernova. Tuttavia, quello che intendo per casino adesso, quello che davvero intendo con questo termine è semplicemente quello che tutti pensano quando lo leggono: un gran caos, un assordante rumore che infastidisce i nostri pensieri. Casino è una parola della quale ho deciso di abusare nella …

L’apocalisse zombie

apocalisse zombie

Ieri ho sbroccato, proprio io che avevo detto a tutti che senza impegni e senza scarpe stavo da dio. Il fatto è che sono uscita, sono andata al supermercato a fare la spesa. Se mi capita di stare un po’ fuori dal mondo fatico sempre molto a riadattarmi, mi capitava anche quando facevo le ferie a casa a BucoDelCulo. A sto giro però è peggio, perché fuori c’è l’apocalisse zombie. Cioè, era da un po’ che non uscivo, non sapevo che avevano tutti la mascherina, ero rimasta al terzultimo decreto dell’altro ieri, quello che diceva di non mettere assolutamente la mascherina. Una cosa che mi manda fuori di testa è essere irregimentata, ho provato a lavorarci ma senza successo; il fatto che molti ci riescano mi fa sentire inadatta e arrabbiata. Ho sempre pensato che fosse per via del fatto che sin da bambina mi sono sempre badata da sola, nessuno mi ha mai detto fai questo o fai quello. Se poi l’obbligo è un dress code o un accessorio, io impazzisco, anche se è …

Venti metri

venti metri

Mi sono guardata allo specchio stamattina. Mamma, avrei voluto non farlo. Ma vi pare normale che la reclusione mi tiri fuori le occhiaie? Non che debba andare chissà dove. Non che debba fare chissà quanti metri. Beh, a dirla tutta, oggi avrei una specie di appuntamento. Quindi, correttore. Com’è che si metteva? Ah sì, con l’anulare. Incredibile, non mi trucco da due settimane e sono già diventata impacciata come un pinguino sui tacchi. Che dite, lo metto il rossetto? Non vorrei dare l’impressione di quella che sta cercando di accalappiare. D’altronde chi è che si mette il rossetto in casa se nessuno può levarglielo? Tutto questo perché la prima volta che l’ho visto (e che mi ha vista) non ero proprio un angelo di Victoria’s Secret. Il fatto è che non pensi a levarti di dosso il grembiule sporco di farina e le ciabatte coi ponpon se all’improvviso senti un pianoforte suonare. Da queste parti, non si sente più nemmeno la risata di una persona, figurarsi il suono di un pianoforte. Capite? Ed eccolo lassù. …

Il basco

Il basco

C’è un vecchio basco nero appeso a fianco della porta di casa mia. Il mio vecchio basco nero. È lì, fermo. Immobile. Dimenticato. E quasi mi dispiace. Certo, è un oggetto. Senza sentimenti né vita. Ma forse indossandolo era come se gliene dessi una. Prima del grande blocco questa casa, e tutto ciò che c’è dentro, era come una grande cornice. Ricca, varia, ma pur sempre una cornice. Perché la vita era fuori, la vita erano i mezzi pubblici stracolmi, i piccioni in piazza Duomo, la cioccolata da Pascucci. E ora la vita non c’è più. L’hanno rapita, l’hanno portata via da me! È davvero così? In questi giorni ho imparato che no, non è davvero così. La materia non si crea né si distrugge, ma la vita sì. È primavera, e la natura fa il suo corso, come noi dovremmo fare il nostro. È dando la vita che la si crea; attraverso la dedizione e l’amore la si può imprimere dappertutto, come l’impronta di una scarpa nel cemento fresco. In questo modo una casa …

RATARATÀ!

RATARATA!

!Orsù dunque, è ora di cambiare! Cambiare parole ed espressioni che, da diciannovegiornitonditondi, ci mettono angoscia, ci rubano il sonno, fanno tremare polsi e gambe, rivoltano l’intestino e da svegli procurano fastidiosissime e interminabili tachicardie. Parole scivolate nelle nostre orecchie come stille velenose. Parole angoscianti che ascoltiamo dai telegiornali, le ripetono gli esperti, le pronunciano i cantanti e gli attori, e poi ballerini, scrittori, avvocati, parrucchieri, medici, operai… insomma, tutti a dire le stesse cose come se il nostro vocabolario fosse di colpo regredito. Non suggerisco di abolirle del tutto, la lingua italiana è una grande signora e va rispettata, ma di cambiarle momentaneamente per chi, da diciannovegiornitonditondi, vive nella terra di mezzo.Il prima è già storia, il dopo è tutto da reinventare. Quello che vengo qui a suggerire è la creazione di un dizionario provvisorio.Sostituire, per esempio, la parola quarantena con una che abbia un bel sorriso tra le vocali e le consonati, che ispiri fiducia e dia pure un poco di allegria. Luce e leggerezza. Che ne so… dire rataratà per indicare quarantena. …

La mattina è un ritaglio di cielo azzurro

mattina

  Il momento della giornata che preferisco è la mattina. Non lo era, fino a qualche settimana fa, quando la passavo a dormire per isolarmi dal caos esterno, dalle scadenze impellenti auto-inflittemi e dagli impegni incollati a una sedia. Ora la mattina è un ritaglio di cielo, un ritaglio di tempo per assaporare il mondo fuori casa, incorniciato dai muri di casa. Dal balcone della camera dei mie genitori, la luce del sole dora le pareti gialle, l’aria fresca è brezza, entra il suono degli uccellini risvegliatisi dal torpore invernale. Mai come quest’anno, la primavera è un inno alla vita, quella vita che tanto è cambiata e per certi versi migliorata. Riesco a gustare l’istante lento di ogni secondo, come i raggi caldi che mi accarezzano profumati mentre sono sdraiata sulle piastrelle lignee della stanza. Mi sento come la bionda Melisande di Debussy, fuggita da un paese lontano e dimentica del suo passato. L’unica delle vecchie abitudine rimaste è la musica. Non mancano i Tame Impala a farmi da colonna sonora nella testa, ora con …

Hope. Speranza.

Hope. Speranza.

Poi l’alba. Ancora.I pianti. Ancora.Trattenuti. Esplosi. Trattenuti.La rabbia. Ovunque.L’incertezza più di ogni altra cosa. La vedi.Riesci a vederla? Giorni cheSaranno come le finestre aperte chiuse aperte di fronte.La musica. Anche. Di fronte. Come la vita che passa, di fronte.Ma anche quei pianti purtroppo, che intendo. Saranno come la notte a fumare da soli guardando le stelle che non si vedono in città le stelle. Ma qui dove sto io in questo angolo di città è pieno di stelle. Le puoi toccare le stelle se chiudi gli occhi, dappertutto certo. Puoi farlo. E poi dopoSaranno come fuochi d’artificio.Belli come non se ne vedevano da tempo.Ma Saranno anche questo singhiozzare che resta.Questa tristezza, che resta.E il silenzio. Che resta.Lo senti? È ovunque. Ma infinesaranno come la vita che torna. Diversa, ma torna. Torna sempre la vita.Lo sai, no? Si chiama Speranza. (E no, non è il Ministro). And then the dawn. Again.The crying. Again.Withheld. Exploded. Withheld.Rage. Everywhere.Uncertainly, more than anything else. You see it. Can you see it? Daysthat will be as the windows, open and closed …

Per me eri Silent Hill

silent hill

Stamattina come ogni giorno dopo colazione ho guardato fuori dalla finestra, era una bella giornata. Di fronte casa mia c’è un piccolo parco, di solito la mattina c’è sempre gente che porta il cane a spasso o i bambini a giocare. Ci sono uno scivolo e un’altalena cigolante. A volte durante il pomeriggio mi viene voglia di scendere di casa brandendo lo Svitol come se fosse la spada di un cavaliere, mettendo tutti in salvo dal rumore molesto. Sono giorni però che sia lo scivolo che l’altalena sono avvolti, abbracciati oserei dire, da un nastro bianco e rosso. Durante le serate sono stata sempre affacciata a questa finestra, davanti a questo parco, come se fosse il mio schermo sul mondo. A volte di notte, quando cala la nebbia, penso sempre che somigli a Silent Hill. E dopo racconto di quella volta che, dopo aver guardato la prima mezz’ora di quel film, avevo chiuso la finestra di Windows Media Player e mi ero chiesta perché stessi continuando a guardare questa tizia che correva nella nebbia per …

VADO SEMPRE VERSO OVEST – di Michele Marziani

Cara Mimma, ho letto la tua recensione in forma di lettera del libro Il suono della solitudine. Non si risponde alle recensioni, ovviamente, ma alle lettere sì. Così ho deciso di risponderti. Lo faccio da qui, da un’isola sospesa nell’Oceano, da un sobborgo di Dublino che si chiama Sutton. È uno dei miei rifugi, oggi avvolto dall’umidità che sale dal mare e porta con sé pochi voli di gabbiani e un clima che ricorda tante pagine di Joyce. In fondo vivo di questo, da sempre: di mitologie. Penso al tuo scritto, alla strada in salita e ti svelo quella che per me è diventata una grande verità: nonostante la salita a volte la vetta da scalare non c’è, è solo una nostra idea, e la vita non è altro che un immenso Midwest. Ecco, credo che quando accade, quando si scopre che non c’è alcuna cima da raggiungere, tutto diventi più difficile. Per questo, nel dubbio, vado sempre verso Ovest. Inseguendo fantasmi e Pellerossa, sognando California e le cupe Alpi piemontesi al posto di quelle …

Nothing but the night – John Williams

«E intorno ai suoi occhi, che erano profondi e scuri, luccicavano degli strani bagliori» John E. Williams Nulla, solo la notte. Nient’altro che il calore tiepido delle luci dietro le imposte quando la sera scende. Niente più di qualche onda sulla battigia di settembre. Un aquilone colorato che spicca il volo e precipita lento, maestosamente. Ci stupiamo della fine, come stupidi. Dovremmo stupirci di quando, tutto, sia cominciato. Nulla, solo la notte è il primo romanzo di John Edward Williams, che di certo tutti conoscono per Stoner, ma che pochi ricordano per quest’opera. È un peccato che nessuno se la sia filata più di tanto, ed è bene – anche prima di continuare con quello che ho da dire – che la inseriate nella vostra lista dei libri da leggere, se ne avete una, che vi appuntiate il titolo sopra un pezzo di carta, tra le pagine della vostra agenda, sul blocco note del vostro smartphone. C’è la storia di questo ragazzo che ce l’ha un po’ con tutti, ma prima con se stesso, in …