All posts filed under: Diari della quarantena

La quarantena è reale e ci unisce, anziché dividerci. Come sapete Casa di Ringhiera è il nostro non luogo per eccellenza, il posto in cui torniamo carichi di una buona dose di passione e curiosità da diffondere. Dopo una lunga chiacchierata siamo giunti a un punto in comune ed è la nostra voglia di condividere con voi “I diari della quarantena”. È un modo per sentirci tutti più vicini, per raccontarvi la nostra esperienza qui in Casa. Lo faremo attraverso i social, ma soprattutto con l’hashtag #iostoacasadiringhiera, che ha un significato ben preciso. E che arrivi proprio all’inizio della primavera, è segno di quella rinascita che ognuno di noi aspetta nella vita. Soprattutto in un momento come questo, sperando che ci seguiate nella nostra avventura, vi invitiamo a passare a Casa di Ringhiera di tanto in tanto. Vi aspettiamo.

Distancing Diary

Distancing Diary - Valeria Dellisanti

di Valeria Dellisanti In questi giorni caotici e spaventosi ho tenuto un diario visivo per tenere traccia del mio umore e sentimenti durante la quarantena. Di solito quando inizio un nuovo progetto tendo a curarlo in ogni dettaglio e a tenere tutto sotto controllo.Questa volta è stato diverso: le foto non sono perfette, forse neanche belle.Le pagine del diario sono sporche, e le parole scorrono da destra a sinistra in modo confuso e disordinato. Riguardando quello che avevo fatto dopo giorni di inattività e analizzandolo, ho pensato che forse andava bene così com’era, anzi che forse la forza di questo documento fosse proprio quello che io pensavo essere il suo lato negativo. Penso che così com’è sia in grado di rispecchiare la situazione che stiamo vivendo in cui quasi più nulla può essere controllato. Ora come ora non ci è possibile fare piani per il lungo termine, si vive alla giornata, come scrivo nel diario: “vivo qui e ora” non più proiettata verso il futuro. Perché ho tenuto questo diario? Magari per elaborare meglio quello …

Assembramenti

assembramenti

Cerco di ricordare gli assembramenti della mia vita, non tutti eh. Solo quelli belli densi dico. Penso alle calette minuscole della Corsica quest’estate. Tutti ammassati su quei minuscoli lembi di spiaggia, tra le scogliere a picco sul mare. Penso alle strade della mia città, dove bestemmio per scansare e non investire la gente in bici. Gli assembramenti dopo il Comics alla stazione di Lucca per prendere il penultimo regionale per tornare a Firenze, che più pieno è impossibile pensarlo un treno. Penso all’Italia che vince i mondiali tutti in piazza a Bologna in uno degli assembramenti più assurdi di gente sopra i tettucci delle auto o sotto i portici a far balotta, che ho perso tutti i miei amici nella ressa generale della festa ma ne ho incontrati mille altri di amici, quella sera. Penso al primo maggio a Roma una vita fa e il primo maggio a Mutonia l’anno scorso. Al concertone dei Fugazi, a fine millennio scorso, a quella folla di ragazzi schiacciata dentro il CPA di viale Giannotti. Penso alle Street Parade …

Notturnalia

di Laura Oopart La sera è il momento più duro. Le luci si piegano in un solenne inchino ogni santo giorno, e le ombre al crepuscolo tendono le braccia per cullarle. È il rito della morte che, al calar del sole, rinnova i suoi voti da affidare al mattino. I suoni si ovattano, e al contempo si amplificano, rarefatti, tra le strade deserte e gli angoli delle vie. Qualche voce. Lo sbattere del portone. L’ascensore che scende per poi risalire. Il ticchettio del mio orologio. Il mio respiro. I miei sospiri. I battiti del mio cuore. Le mani che sudano. Sono sola. Ma dentro, la testa è affollata. Ci sono io bambina che gioco a fare altari e portare madonne in processione; ci sono i grandi eucalipti dietro la nostra campagna; una sorgente stanca dall’acqua terrosa; due piccole colline appena verdi. E poi c’è quel mare che non vedo più da anni, e il dirupo lungo che a guardarlo non se ne vede la fine. E quel dirupo ce l’ho nel petto, profondo e duro, …

Venti metri pt3: Punti interrogativi

Punti interrogativi

Miguel. Com’è che si dice in spagnolo? Hola, como estas? Non dovrebbero andarci degli strani punti interrogativi all’inizio della frase? Forse a testa in giù? Proprio come mi sento io in questo momento¿ Perché la gente fa così? Lanciare la pietra e poi tirare indietro la mano? Lanciare un aeroplanino e poi sparire senza spiegazioni? No, perché uno comincia a farsi due domande. Be’, più di una a quanto pare. Pensate che mosaico di punti interrogativi sarebbero state queste quattro righe se le avessi scritte in spagnolo. O se le avesse scritte Miguel, con quella sua calligrafia a zampa di gallina. Ho fatto un paio di ricerche, sapete? Una calligrafia piccola indica una personalità timida, introversa e le lettere, tutte vicine vicine, abbracciate, la difficoltà a restare da soli. Il che è abbastanza contraddittorio. Però questa è la giornata delle domande. Quindi procediamo. Può una persona timida e solitaria soffrire la timidezza e la solitudine? Non è forse proprio in momenti come questo che ci si ritrova a pensare: “Cazzo, come sono stato idiota quella …

L’ultima volta che.

montagna madre mamma

L’ultima volta che ho visto mia madre è stato sabato 7 marzo. Sono scesa dalla macchina e le ho detto che forse sarebbe stato meglio se mi fossi fatta di nuovo i 322km che ci separano. Avevo appena sentito alla radio la prima bozza del decreto che avrebbe cambiato tutto.Mi ha convinta a ripartire il giorno dopo.Ci siamo abbracciate di nascosto, come in un romanzo distopico, e non so quando la rivedrò. Ho 37 anni ma avevo bisogno di mia madre, più che mai.La mia relazione si è conclusa dopo dieci bellissimi anni, due mesi fa, e lei con un semplice: passa di qui era riuscita in una magia.Ce l’ho fatta a prendermi il suo abbraccio che, a conti fatti, vale più di tutto il resto. Il destino, poi, che ha un gran senso dell’umorismo, ha messo in quarantena me e lui, sotto lo stesso tetto. Sotto lo stesso cielo. L’ultima volta che ho visto mio padre è stato il 21 ottobre del 2019. Sono scesa dalla macchina, abbracciato mia madre, cercato risposte in mio …

il corpo sottovuoto

il corpo sottovuoto - Simona Salerno

Quando si raggiunge l’eccesso, le cose da fare potrebbero essere due: continuare a stare fino a scoppiare o fermarsi, pensare, respirare. “Eh finalmente il mondo si è fermato”, ho pensato una cinquantina di giorni fa.  Il tempo è sospeso, corre o diventa interminabile, lo spazio è una culla piena di limiti, inspirare ed espirare, sentirsi, ascoltarsi, stare nel qui e ora e ancora respirare. Il corpo sembra essere tenuto sottovuoto. In certi momenti immagino di infilarmi in un sacco di plastica, respirarci dentro in quello spazio senza tempo e in quel tempo senza spazio, tra emozioni e umori bombardanti, alternati, contrapposti: la paura, l’attesa, la fragilità, la noia, i ricordi, la speranza, l’incorporeità, la distanza, l’apatia, l’energia, l’isolamento, la tristezza, la sfiducia, l’euforia, l’assenza, l’insicurezza, il vuoto, la lontananza, la speranza, la speranza, la speranza… parole e foto di Simona Salerno

Le finestre di fronte

le finestre di fronte - la sposa si carta

Ieri sono scesa in cortile. Non l’avevo mai considerato, quel quadrato di cemento dove sono parcheggiate biciclette e monopattini. Mi sono seduta a fumare al sole, ho guardato verso i balconi, verso le finestre di fronte. Sei piani. In ognuno c’era qualcosa. Scene di vita domestica. Pezzi di giornate da far scorrere. Un’anziana con il grembiule a fiori mescolava una grossa ciotola, lo sguardo rivolto ai fiori. Al terzo due ragazzi a petto nudo iniziavano i loro esercizi, lo sguardo concentrato ad uno specchio. Nella scala b una giungla di piante copre la visuale, ma si intravede un piccolo tavolo con due sedie pieghevoli, ho immaginato la cena servita lì, guardando verso un orizzonte di persone vive, pulsanti e impaurite quanto noi. Al primo una madre prende il sole, mentre la figlia impugna un colore e traccia segni su un pezzo di carta. Si sente profumo di cibo, rumori di tavole apparecchiate e scroscio di docce. Al sesto una donna bionda guarda giù, verso gli altri palazzi nascosti dal verde. Sembra assorta. Il nonno al …

Un istante

un istante Arturo Ferrante

Guardo attraverso il vetro della mia finestra, quella della camera che affaccia sulla strada. La quarantena è strana: non mi è mai piaciuto uscire, eppure adesso che sono costretto a non farlo, mi manca.La mente umana è troppo contorta, per i miei gusti. Ho letto da qualche parte che sembra essere sempre un’uggiosa domenica di fine inverno. Uno di quei giorni che speri passi in fretta, in cui cerchi di risparmiare le energie, perché questa giornata così insapore non merita nemmeno un accenno della mia vitalità. Non saprei trovare un paragone migliore. Faccio un sospiro. Me ne sono accorto, perché da quando mia madre mi ha chiesto “come mai sospiri sempre?”, ho deciso di contarli.Oggi ne ho fatti quattordici. Che giorno è? Sabato non di sicuro, altrimenti mamma starebbe impastando la pizza. Sono piuttosto indeciso tra mercoledì e giovedì, per cui decido di andare ad accendere la radio: è uno di quei modelli nuovi, ultra attrezzato, ultramegatutto. L’avrò usata due volte, in vita mia. Me l’ha regalata Lei, perché diceva che in questa casa “c’è …

Paesaggi (dal finestrino) dal mattino del mondo

Paesaggi (dal finestrino) dal mattino del mondo

La mia quarantena è iniziata durante un viaggio in macchina dal Colorado al Texas, attraverso i paesaggi deserti del New Mexico, dove tutto scompare. Da quel momento, mentre la radio era un richiamo alla civiltà e al social distancing e ogni piano sarebbe cambiato, non sapevo che il vero viaggio doveva ancora iniziare, e più di duemila chilometri dopo sarebbe finito all’aeroporto JFK di New York. “L’ologramma è simile al fantasma, è un sogno tridimensionale, e si può entrarvi come in un sogno. Tutto dipende dall’esistenza del raggio luminoso che porta le cose; se viene interrotto, tutti gli effetti si disperdono, e anche la realtà. Ora, si ha proprio l’impressione che l’America sia fatta di una commutazione fantastica di elementi simili, e che tutto dipenda unicamente da quel raggio di luce, quel fascio laser che fruga sotto i nostri occhi la realtà americana.  Lo spettrale, qui, non è il fantomatico o la danza degli spettri, è lo spettro di dispersione della luce.” ― Jean Baudrillard, America Paesaggi (dal finestrino) dal mattino del mondo, di Giulia …

Fantasmi

Fantasmi

In fondo, siamo tutti un po’ fantasmi. Fantasmi spaventosi e spaventati, catapultati più o meno violentemente dentro un mondo estraneo, che a volte fa paura. Emarginati, soli, additati e incolpati delle azioni più abominevoli, di errori imperdonabili. Mostri. Diversi. Strani. In noi ataviche colpe, macchie indelebili. Questo è il nero che occupa una parte del cuore di ciascuno, lo spettro di essere un errore. Tuttavia senza il nero delle lacrime più buie il bianco di un sorriso non avrebbe colore, non avrebbe significato. Lo yin e lo yang, l’eternità della gioia e del dolore, del bene e del male che ognuno di noi custodisce. Come l’arco e la lira di Eraclìto, la morte e la musica, la morte e la vita. di Ludovica Cianciosi