VADO SEMPRE VERSO OVEST – di Michele Marziani

Cara Mimma,
ho letto la tua recensione in forma di lettera del libro Il suono della solitudine.
Non si risponde alle recensioni, ovviamente, ma alle lettere sì.

Così ho deciso di risponderti. Lo faccio da qui, da un’isola sospesa nell’Oceano, da un sobborgo di Dublino che si chiama Sutton. È uno dei miei rifugi, oggi avvolto dall’umidità che sale dal mare e porta con sé pochi voli di gabbiani e un clima che ricorda tante pagine di Joyce. In fondo vivo di questo, da sempre: di mitologie.

Penso al tuo scritto, alla strada in salita e ti svelo quella che per me è diventata una grande verità: nonostante la salita a volte la vetta da scalare non c’è, è solo una nostra idea, e la vita non è altro che un immenso Midwest. Ecco, credo che quando accade, quando si scopre che non c’è alcuna cima da raggiungere, tutto diventi più difficile.

Per questo, nel dubbio, vado sempre verso Ovest. Inseguendo fantasmi e Pellerossa, sognando California e le cupe Alpi piemontesi al posto di quelle del Triveneto, sicuramente più solari, con ogni probabilità anche più vocate all’accoglienza. A me piace che l’accoglienza uno se la debba conquistare, ascoltando, in silenzio, cercando di capire usi e abitudini degli abitanti di ogni Ovest. 

Per scrivere Il suono della solitudine, che ha mosso il tuo carteggiare trasformando una recensione in lettera, sono partito proprio da lì da quel piccolo librino profetico che è Camminare di Henry David Thoreau: «Andiamo verso est per capire la storia e studiare le opere d’arte e la letteratura, ripercorrendo i passi della nostra razza. Ci rivolgiamo ad ovest, invece, come verso il futuro, con spirito di iniziativa e di avventura».

Da poco è passato Natale, ogni volta che lo penso bambino, questo giorno, che lo penso con me infante, non posso non immaginare Napoli, i Presepi, le statuine, i pastori, la nonna paterna che veniva dai monti di Avellino. Discendo da una stirpe di montanari e di viaggiatori, so cosa sono le radici e l’andarsene.

So che nel dolore si trova spesso anche il piacere. E viceversa. Il segreto, credimi, sta solo nel partire, poi tutto viene da sé, lo scrittore, il viandante, il sognatore, non hanno nulla di gravoso da fare, ma qualcosa di grave sì: scegliere.

Ad ogni bivio bisogna andare, o di qua o di là. Io ho un segreto, un piccolo talismano, che mi fa scegliere in fretta, a rimpianti zero: so, perché me l’ha sussurrato in un orecchio la vita, che ad ogni bivio nasce un altro me che prenderà l’altra strada e troverà altri crocicchi. Nei mondi paralleli dell’immaginario, ognuno di noi può avere migliaia di sé che prendono le altre strade, quelle che non prendiamo noi, e così costruiscono nuovi mondi, si mescolano con l’altrove.

Di nuovo: vivo di mitologie. Credo nell’epica dell’esistenza. Anche la mia solitudine non è altro che un tentativo di narrazione di una vita nella quale non sono mai riuscito a stare da solo, se non con me stesso.

E ovunque mi sia portato, o la vita mi abbia condotto, porto dentro di me i luoghi, le case. Diverse, forse le più belle, sono state a ringhiera, proprio come lo spazio che ci ospita: in corso Concordia a Milano, nei primi anni Ottanta, quando ancora c’erano i circoli operai, il vino da mescere sfuso, e il gabinetto sul ballatoio.

Poco dopo a Intra, sul lago Maggiore, sul ballatoio si vedevano le ragazze andare in bagno, perché lì, fuori, al gelo, avevamo proprio un bagno, con pure la vasca. Ricordo che guardai senza comprendere l’amministratrice del caseggiato di proprietà della curia, che non mi rinnovava il contratto d’affitto, per questo motivo: si vedevano le ragazze andare in bagno. Io non capivo. Significa che hanno passato la notte qui, mi ha spiegato stizzita. E non sta bene. Ecco, io non ho mai capito. Capito come si faccia. È la cifra della mia vita ancora oggi.

Venne allora a dispiacersi dello sfratto una signora anziana, una vicina che allungava ogni tanto a noi giovani dell’appartamento a fianco, una porzione di lasagne o qualche dolcetto. Mi disse: anch’io ho un uomo che mi viene a trovare, ma non mi sono mai fatta scoprire… Diventare depositario di quel segreto, di quella condivisione, mi ha fatto capire quanto sia importante essere disposti a stupirsi. Ho continuato a farlo, in anni molto più recenti, nella mia ultima casa di ringhiera, in via Panfilo Castaldi a Milano: lì ho visto il mondo cambiare, sbirciandolo da uno sgabuzzino che era per me il luogo delle storie, dei racconti, della vita. 

Scrivere, per me, è raccontare tutto quello che non so dire. Faith and luck are all you need. Occorrono solo fede e fortuna. Credo che per scrivere – come per vivere – non serva altro. Auguro entrambe, a te, prima di tutto, e a tutti i lettori di casadiringhiera.it  

Michele Marziani

(Foto di Michele Isman)