Casino

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Casino può essere una piccola casa di campagna, come la capanna dello zio Tom. Un archetipo interessante che simboleggia tutto quello che sta dentro alla parola inglese home. Gli affetti, la sensazione di tenerezza tra le coperte di casa tua, il divano di velluto che ti abbraccia nelle sere più fredde mentre leggi un libro avvincente e di tanto in tanto ti affacci da quella finestra sul versante est – la stessa dalla quale hai fotografato mille e mille albe – a guardare le stelle. D’inverno da lì risplende sempre la costellazione di Orione e col tempo ho imparato anche a riconoscerne le più intime componenti: Bellatrix, la donna guerriera, Rigel (β Orionis) la più luminosa, Betelgeuse che forse a breve esploderà, passando a vita nuova, diventando una bella supernova.

Tuttavia, quello che intendo per casino adesso, quello che davvero intendo con questo termine è semplicemente quello che tutti pensano quando lo leggono: un gran caos, un assordante rumore che infastidisce i nostri pensieri. Casino è una parola della quale ho deciso di abusare nella mia vita, tutto è nato nel lontano 1996/97 circa. Facevo le elementari, tempo pieno, era un pomeriggio di inizio anno, credo, e c’era matematica. Direste: odiavi la matematica. No, in realtà la amavo prima dello studio di funzione e degli integrali. Quel pomeriggio in classe c’era un gran chiasso, un ciarlare fastidioso e io non riuscivo a fare bene quello che dovevo fare. Allora dissi che c’era casino. La maestra convocò mia mamma a scuola il giorno dopo perché io avevo detto questa magica parolina. Cara maestra: CASINO345.

Cara maestra, tutto il mondo è un gran casino, l’universo è un adorabile casino con la sua entropia di fondo. E allora si, c’era casino anche quel giorno.

Oggi invece, maestra, le strade sono vuote e il casino non c’è più. Non ci sono code di macchine che suonano i clacson e inquinano l’ambiente, i semafori funzionano in silenzio e per quasi nessuno. Le campane suonano ancora, ma chi le sente? I bambini giocano a casa, gli adulti tra le lenzuola, i bevitori sorseggiano nella desolazione delle loro vite dolci whiskey americani. E tu, maestra, cosa fai? La didattica online? Forse, ora, c’è casino anche nella tua vita.

Io spero che torni il casino, benché preferisca il silenzio; se ci pensate, è la vita. Sono le feste, le canzoni con cantanti veri su palchi enormi, è il saltare al ritmo delle musiche che più ci piacciono, è guardare il mare dagli ampi vetri di Intercity più o meno veloci. Mi mancano il mare e la montagna, perché per un abruzzese sono fondamentali entrambi. Mi manca il composto casino delle file per il Duomo di Firenze, e anche di quelle turistiche ai check-in degli aeroporti. Il caos delle librerie, che non è mai inteso come rumore, ma confusione di pensieri, perché non sai mai in fondo quale libro prendere, che scegliendo uno escludi altri cento. Io credo che il casino tornerà, che non dobbiamo disperare per questo, dobbiamo solamente aspettare. Aspettare e resistere.