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Sognando Venezia

morte a venezia

Di Simona Visciglia Il mio è un sogno liquido, fatto di acqua ricordi e desideri. Forse anche di paure. Ovviamente ho sognato luoghi aperti, dopo giorni chiusa in casa. Luoghi altri, perché qui ormai ho imparato a muovermi perfino con gli occhi chiusi. Ho vissuto ogni centimetro di questa casa, ogni minuto, ogni ora, fino a contare i giorni che sono diventati mesi. E qualche notte sono scappata a Venezia, in fuga onirica (in assenza di viaggi reali). Perché è la città dell’Osmosi: solo lì i miei pensieri riescono a scivolare sul selciato umido, mentre respiro la sua anima decadente, antica, malinconica. E dolce. Divento acqua e pietra anche io, in uno scambio continuo e reciproco. Sempre mi sono persa nelle spirali delle calle, in questa città non si procede mai guardando avanti. Devi decidere di andare oltre, girare intorno alle case, trovare il ponte che ti faccia scavalcare i canali. È come vivere, in perenne movimento verso ciò che non si conosce, attraversando la Bellezza; in bilico nel dubbio, nella speranza, amando ogni cosa …

Venti metri pt4: Il sogno

Il sogno

La risposta è stata sì. Semplice. Come in quel sogno in cui va sempre tutto bene, il cielo è sempre azzurro e i pompieri australiani sono sempre pronti per il calendario duemilaventi/duemila-tutte-le-volte-che-vuoi. Visto da quassù, il mio balcone sembra minuscolo. Non so come abbia fatto Miguel a fare centro con il suo aeroplanino. Fatto sta che la mia reclusione non è più così triste. È proprio vero come la compagnia di qualcuno, compagnia che abbiamo dato così per scontata, sia talmente indispensabile da dover essere per forza condivisa. È una sensazione che avverto nell’aria, come un profumo. Il suo: di lenzuola stropicciate e tango argentino. Oh, a proposito, Miguel è argentino. E sì, il suo cognome è proprio Luna. Pare sia piuttosto comune dalle sue parti. Come il cliché tanto sdoganato della passionalità degli uomini latini. A questo proposito, non vorrei scendere nei dettagli (anche se so che sono quelli la cosa più divertente). D’improvviso mi sento avvolgere da un paio di braccia. Senza voltarmi, perché so che è lui, gli appoggio la nuca sulla …

Flusso di scleri

Flusso di scleri

di Marcello Frisino Stiamo già consumandoci vicendevolmenteaffamati e curiosi, bramosi  d’informazioni;alla finestra a scrutare quanto più possibile di quel mondo che in un modo o nell’altro deve giraretu corpo steso che sogni continui a vorticare nel vuoto stando fermoci pensi, stai viaggiando a 1700 km orari circa, adesso, e non te ne accorgisbuffi il fumo e lento esso si innalza verso un vuoto spaziale che ruota nella galassia insieme a tutto il restoeppure, silenziosomultiforme quel fumo s’alza e lo segui con lo sguardo, “devo smetterla di perdere gli accendini” ti ripeti; c’è una traiettoria precisa per ogni cosa, il pensiero stesso se accompagnato dalla ragione arriva, non si sa dove arriva, arriva.Il sapere di “sentire” le cose rende queste pregne di significati intrinsechi, collettivamente attribuiamo ogni cosa alla sua forma e la sua funzioneindividualmente quando nessuno ci interrompe una qualsiasi cosa diventa altro oltre il senso comune e generale.bravo, hai fatto la scoperta, Oh questo è forte,s’è letto Bertrand Russell e si crede…idiota. //ogni volta che vedo uno specchio che riflette un altro specchio mi …

Tempo ripieno

di Antonella Esposito Questa era una cosa nuova, era nata da quando c’era il monito di rimanere a casa per evitare i contagi. LEI aveva imparato ad usare le narici, e odorava tutto: l’aria i ricordi, il sole, il tempo, i pensieri. Aveva scoperto cosa vuol dire “assaporare dal naso”.Non è una cosa che fanno tutti (almeno non da adulti).“Quando non permetti all’aria di entrare per intero dentro di te… la magia non si svela”.La mattina aveva il suo rito: “sedia rossa”, finestra, sole, libri, carte, computer e passava il tempo come se la vita fosse tutta davanti. I progetti nascevano da soli come un onda. Quando l’odore sapeva di buono, non aveva dubbi, doveva assecondarlo.Un giorno, quando era divenuta consapevole della magia del suo naso, le era capitato di avvertire un odore più penetrante del solito.Un fresco strano che l’aveva riportata subito all’infanzia in un luogo pieno di alberi, era un odore così forte e definito che lei pensò subito fosse qualcosa di piu importante del solito pizzicorio, era una cosa piùgrande, come un …

Alta|lena

Ovvero: in preda alle vertigini, mangiarsi le farfalle nello stomaco e volare ancora più in alto. La guardi e pensi che forse dovresti ignorarla. Fai finta di niente, passa oltre, non pensarci. Vattene altrove, fatti un giro, chiama qualcuno. Invece no, te ne stai lì a fissarla. Tanto lo sai come andrà a finire, vero? Che l’altalena è una di quelle cose che guardi e sembra divertente. Nel bel mezzo di un parco, giochi. Sali, oscilli e forte. più forte che sali in alto alto alto più su. Fammi toccare il cielo con un dito, ché la scarpetta l’ho smarrita alla festa e ora ho il piede nudo e sento l’aria fredda tra le dita. Oh, il cielo. Chissà cosa si prova a toccare veramente il cielo con dito. Io che cammino con i piedi sempre per terra ogni tanto mi perdo e non me lo ricordo.  L’altalena è una di quelle cose che dovrebbe farmi divertire. Quella sensazione di euforica leggerezza, le farfalle nello stomaco e i capelli che volano nell’aria e tu ridi, …

È QUASI NATALE

Tra pochi giorni avremo tutti, o quasi, qualcosa di nuovo da indossare, qualcosa da mostrare con fierezza ai nostri amici. Gioielli scintillanti cingeranno polsi felici, almeno per una sera, e su voluttuose scollature dondoleranno come trofei rinnovate promesse d’amore. I desideri di grandi e piccini stanno per avverarsi, o quasi. Qualcuno acquisterà il best seller dell’anno perché fa molto intellettuale-radical-chic regalare un libro di questi tempi. Daremo baci e riceveremo abbracci, telefoneremo ai parenti e agli amici lontani e, a fine giornata, il riverbero dei tanti auguri fatti e ricevuti ci donerà una inaspettata serenità. Luci, stelle, dolci e bollicine abbonderanno sulle nostre tavole. Cibo sempre in quantità spropositata perché mangiare è un po’ ingrassare la fortuna e noi, di buona sorte, ne abbiamo un gran bisogno. Brinderemo all’amore e all’amicizia, alla salute e alla gioia. Per tutti, o quasi, è un rito che si ripete noiosamente identico ed è come recitare lo stesso copione anno dopo anno. E poi… poi saremo tutti più buoni e dietro i nostri sorrisi tutto risplenderà, il nostro cuore vibrerà e …

Léon was here [ilford F plus 50 – 08/2000]

Léon was here - Lulu Withheld

Léon was here 08/2000 – Ilford 50 b/w (testo e foto di Lulu Withheld)   Léon. Lui che sorride con gli occhi prima che con le labbra. Quegli occhi neri nerissimi tagliati. Stretti. Che suona il basso e arrangia canzoni che gridano e squarciano l’aria. Lui che fuma Chesterfield aspettandomi fuori da scuola. Che applaude prendendomi in braccio dopo avere letto le mie poesie. Lui che mi chiama Mia principessa. Poi. I baci nel sottopasso. I litigi furiosi sul corso. Le fughe con il motorino su per le salite. Lui che mi chiede di fare l’amore. La mia prima volta. La sua prima volta.  Il copriletto ricamato, gli specchi con le cornici dorate, l’odore di saponette. Il sapere di averlo fatto senza la coscienza di averne goduto. Quattordici anni io. Sedici lui. Diventeremo due Rockstar, diceva. Aveva quella luce negli occhi. Quella bella, proiettata nel futuro. Creeremo cose belle Léon, dicevo io. Per sempre, principessa. Rispondeva lui. Mano nella mano, una sera ci siamo detti addio. Il mio grande amore finiva con una scopata al chiaro di …

Case di cartone ed entomologie da strapazzo.

Casa di Ringhiera – Case di cartone ed entomologie da strapazzo. - Cristina Rizzi Guelfi

Nelle case il tempo passa più lento, i capelli sul pavimento diventano più scuri e senza la cornice del linoleum. Qualcosa di torrido infesta gli appartamenti. Si tratta di movimenti studiati nei particolari, occorre fare attenzione alla posizione delle sedie, ai movimenti delle tende, ai soprammobili superflui. Le case sono popolate da donnine spuntate per caso, ai piedi di una collina di feci, oppure montate alla rovescia, con viti troppo piccole infilate nelle giunture più importanti e con voluminosi cavi e lacci metallici collocati direttamente nelle minuzie, sulla pelle di velina, nell’attaccatura dei capelli, sulla pellicina delle unghie. Mostri macchinosi, vestiti di veli e scarpette leggere. Tra i vapori delle tinture per capelli che si mescolano all’aroma della brodi di pollo, tirate per i capelli dalla routine, sedute su una poltrona verde delle ambiguità. Quel filo dorato e noioso dei giorni infilati, dei mercoledì banali e feriali, dello stesso posto a sedere tavola, degli amici dai nomi conosciuti e dai volti stranieri. Case con pareti troppo colorate dall’odore della paura e dal richiamo della fuga. Tutto …

Il germe dell’attesa.

L’attesa, quando arriva, non si può dirle niente. Non un insignificante rimprovero. Non un ammonimento biascicato, non un avvertimento trascinato fra palato e lingua.  Il germe dell’attesa arriva con la noncuranza di una barba non fatta e i capelli in disordine. Arriva con quel particolare gusto nell’aspettare davanti alle porte, prima di spalancarle. È l’attesa raminga, della salvaguardia a ogni costo, delle unghie infilate nelle poltrone. Le attese sono bicchieri colmi di lombrichi su tavole disinfettate, sono un microscopio fatto con resti di macchine fotografiche in rovina e cannocchiali ricavati con vetrini introdotti in un ramo. L’attesa passeggia accanto alla stanchezza. E tira le maglie come un furetto molesto alla ricerca di un cielo stabile sotto nuvole schizzate dal sole, fronde scure e epidermide secca. È un viso costantemente in ricerca di mani aperte e visiere per pensieri. Marchingegni lucenti per denti e macchie di lampone sulla pelle. Ci misuriamo le ossa, e in attesa, respiriamo il suono degli usci.

Disfattismo remoto

Vuoi vedere la  prigione che ho costruito con i bastoncini dei ghiaccioli? ( Jonathan Franzen, Le correzioni) La prigione Mi sono scordata il mio nome e sono diventata solo presente. Ho mattini automatici che prevedono gambe che trovano forza da sole, mani che smorzano fornelli, maniglie che si schiudono per inseguire la porta del bagno. I miei mattini hanno calzature e acqua ghiacciata, con il rimbombo dei pensieri soffusi dei fili d’erba bagnati di nebbia. Le azioni hanno vinto anche con me, che adoravo poltrire in quell’odore ancora serrato di sogni e streghe anestetizzate con sonniferi scaduti. Ho sotterrato gli stati stati d’animo, quelli angosciosi che si possono avere solo dopo la lettura di Visions of Gerard di Kerouac, quelli che trovavano conforto solo al buio del portico, con la schiena appoggiata alle cortecce. Ora preferisco ricordare tutti i palazzi accesi di luci gialle verso sera, le pesche sbrodolate sui gomiti e i miei modi sghembi. Posso sempre vaneggiare sui crateri della luna, sui cosmonauti con le stigmate. Però sono attratta dagli stessi giardini con abitazioni di …