Un istante

un istante Arturo Ferrante

Guardo attraverso il vetro della mia finestra, quella della camera che affaccia sulla strada. La quarantena è strana: non mi è mai piaciuto uscire, eppure adesso che sono costretto a non farlo, mi manca.
La mente umana è troppo contorta, per i miei gusti.

Ho letto da qualche parte che sembra essere sempre un’uggiosa domenica di fine inverno. Uno di quei giorni che speri passi in fretta, in cui cerchi di risparmiare le energie, perché questa giornata così insapore non merita nemmeno un accenno della mia vitalità. Non saprei trovare un paragone migliore.

Faccio un sospiro. Me ne sono accorto, perché da quando mia madre mi ha chiesto “come mai sospiri sempre?”, ho deciso di contarli.
Oggi ne ho fatti quattordici. Che giorno è? Sabato non di sicuro, altrimenti mamma starebbe impastando la pizza.

Sono piuttosto indeciso tra mercoledì e giovedì, per cui decido di andare ad accendere la radio: è uno di quei modelli nuovi, ultra attrezzato, ultramegatutto. L’avrò usata due volte, in vita mia. Me l’ha regalata Lei, perché diceva che in questa casa “c’è poca musica”. Mi sembra di sentire un motivo conosciuto, cerco il telecomando per alzare il volume.

How can you just walk away from me, when all I can do is watch you leave?

Oh no. Proprio questa.

Cause we’ve shared the laughter and the pain, and even shared the tears

Animato da una volontà sconosciuta, come se il mio corpo fosse un semplice burattino, mi dirigo verso il cassetto del comò. Tiro fuori un vecchio quaderno, accarezzando la copertina blu. Apro e so già a quale pagina andare. È più o meno in mezzo, e c’è una foto. Una foto di noi due. È stata scattata con una di quelle macchine istantanee, Lei impazziva letteralmente per questo tipo di cose.

Nella foto siamo abbracciati e ridiamo.

Siamo andati fino ad Erba per prenderla. Il proprietario era il proprietario di un tabacchino, e sembrava non capirci un accidente, perché iniziò a pigiare tutti i tasti in malomodo.

“Mi dia qua” gli disse lei, più che leggermente infastidita. Quando si arrabbiava potevi leggerglielo negli occhi. Diventavano di fuoco.

So take a look at me now, well there’s just an empty space

“Facciamoci una foto”. Era così contenta di avere il suo nuovo regalo tra le mani, lo teneva come una reliquia.

And there’s nothing left here to remind me, just the memory of your face…

… E questa foto. La ripongo nel quaderno e ritorno di fronte alla finestra. Un altro – lunghissimo – istante è passato.

di Arturo Ferrante