La Rivoluzione ai tempi della Brexit: Kate Tempest, la poetessa che ‘rappa’

[una disguida non convenzionale sulla spoken-word poetry incazzata nell’Europa che dorme]

di Disguido Luciani

 

 

Picture a vacuum / Immaginate un vuoto
An endless and unmoving blackness / Un buio immobile e senza fine
[…] it’s been a long day, I know, but look – / […] la giornata è stata lunga, lo so, ma guardate –
In now / Entrate, adesso
In / Entrate
Fast / Presto

A guardarla non lo direste che Kate Tempest è una dura, una ribelle. Anzi, la voce più dura e ribelle dei giovani d’Europa. A guardarla non direste neppure che Kate Tempest è una poetessa. Anzi, la poetessa più acclamata dell’ultima generazione di poeti inglesi. E no. Tantomeno direste che è una rapper. Anzi, la rapper più sorprendente della spoken-word poetry.

Eppure, Kate Tempest, capelli biondi da tipica ragazza inglese, carnagione pallida da tipica ragazza inglese, occhi chiarissimi, ancora una volta da tipica ragazza inglese, all’apparenza un’Adele come ce ne sono tante a Londra, certo, meno raffinata e attenta al make-up, a trentatré anni è stata definita dalla critica come la voce più forte delle nuove generazioni d’Europa, l’artista del momento. Con tanto di Ted Hughes Award, Herald Angel Award e una finale al Mercury Prize a confermarlo.

Cresciuta nei sobborghi di Londra, Kate Tempest scrive, canta, rappa di un’Europa d’emarginazione e spaesamento, d’alienazione e fallimento, di ricerca di senso e perduta empatia. Di deresponsabilizzazione, schermi tv, droga, alcol, ambizioni infrante. E di una vita che scorre mentre noi stiamo ancora dormendo.

Let Them Eat Chaos [Che mangino caos], il suo ultimo lavoro, sfugge a consuete categorizzazioni per farsi una strana opera fluida. Mille forme, o forse, meglio, nessuna. E’ un poema. Un Urlo Beat alla Allen Ginsberg, ma meno maledetto. Un romanzo in versi, il copione di una performance mai realizzata, lo spartito dentro cui si muovono, tra ninnananne ed elettronica, le 13 tracce del disco omonimo.

Ma non complichiamoci la vita. Let Them Eat Chaos è un capolavoro. Trascende il genere, le regole, le convenzioni. E persino la forma trascende. Per farsi flusso, prosodia, in una parola cara al rap, per farsi flow. O, per i più tradizionalisti, testo scritto e sonoro. Nel senso più ampio che conosciate.

Here, where the kids play and laugh until they fall apart, / Qui dove i ragazzini giocano e ridono fino a venir meno,
it’s kiss-chase and dancing / è tutto un inseguirsi di baci e di balli
till it’s mistakes and darkened rooms / finché arrivano gli sbagli e le stanze in penombra
Too fast too soon / Troppo in fretta troppo presto
too slow too long / troppo piano troppo a lungo
We move around all day / Andiamo in giro tutto il giorno
but can’t / ma non riusciamo
move / ad andare

on / avanti

E’ Londra il luogo alienante di cui parla Kate Tempest (Vi trovate in una città / Chiamiamola / Londra / E questa / è l’unica / epoca / che abbiate mai conosciuto). Ma potrebbe essere qualsiasi metropoli europea del XXI secolo, la New York di Allen Ginsberg, la Wasted Land di T. S. Eliot, l’America oggi di Robert Altman.

Sono le 4 e 18 del mattino e sette persone nella stessa via, nello stesso quartiere, nella stessa città (chiamiamola / Londra), sono sveglie. A dormire non ci riescono proprio. Intrappolati in pensieri privati. Disarmati. E c’è questa domanda inquietante, il fils rouge che li disarma; aleggia, fantasma su di loro. E sull’Europa che dorme:

What we gonna do to wake up? / Che faremo per svegliarci?

Tutti, stretti nella propria solitudine, si chiedono se, in quel momento, alle 4 e 18, ci sia qualcun altro che non riesca a dormire. E così, i pensieri privati si fanno pubblici, una richiesta d’aiuto, un appello all’empatia tra simili.

You’re feeling / State provando emozioni.
For The people. The life. / Per la gente. Per la vita.

You want to be close to them. / Volete essere vicini a loro.
Closer / Ancora più vicini. 
These are your species, / Sono della vostra stessa specie,
your kindred. / sono vostri parenti.
Where have you landed? / Dove siete finiti?

C’è Jemma, passato da bad girl, ketamina a colazione/ scarpe vecchie/ denti guasti/ testa infilata nella cassa dei bassi. Sogna qualcuno che la guardi e riconosca la presenza dei suoi fantasmi, qualcuno / così grande / da fare di me / tutto quel che non sono. Ma è disarmata, intrappolata:

Through the mud / Nella melma
of every wasted chance / di tutte le occasioni sprecate

and every / di tutti
bitter tastes / i sapori più amari

My heart is sprayed up / Ho il cuore ricoperto
with the names / di nomi scritti con lo spray
of all my friends / di tutti gli amici
who lost their way / che si sono persi per strada

Ether fa la badante, lavora di notte e, alle 4 e 18, non sa come togliersi il mondo, lo stato del mondo, dalla testa mentre, occhi stanchi, muscoli indolenziti, stappa una birra e se la scola d’un fiato. Eppure, nella fragilità della notte, nella precarietà della sua condizione di vita, inizia a percepirsi come minuscolo ingranaggio di un sistema gigantesco, sistema troppo ben oliato per fermarsi. E d’un fiato è disarmata. E’ perduta.

Europe is lost / L’Europa è perduta
America is lost / L’America è perduta
London is lost / Londra è perduta
And still we are clamouring victory / Eppure rivendichiamo a gran voce la vittoria.
[…] and now all we want’s some excess / […] e ora vogliamo solo un tuffo nell’eccesso
Better yet: a night to remember / Anzi: una serata indimenticabile
that we’ll soon forget / da dimenticare presto.

E torna la domanda collettiva. D’un fiato. Come la birra che Ether si scola alle 4 e 18. Perché la preoccupazione sullo stato del mondo non ce la si toglie così, d’un fiato:

Here / Qua
In the land / nel paese

where nobody / dove a nessuno
gives a fuck / frega un cazzo
What am I gonna do / Che devo fare
to wake up? / per svegliarmi?

Alicia trema nervosa. Aggrappata alle proprie ginocchia, cerca uno scopo. Maschera di coraggio sul viso tutto il giorno, poi la notte parla con il suo compagno morto. Ho sentito la tua voce così forte che mi ha svegliata / Com’è lì dove sei andato? / Lo so che non puoi dirlo / ma sei stato con me tutto il giorno. Tira su col naso, annuisce e si asciuga gli occhi. Controlla l’ora. Sono le 4 e 18.

Everything is connected. Right? / E’ tutto collegato. Vero?
Everything is connected / E’ tutto collegato.
And even if I can’t read it right, everything’s a message / E anche se non riesco a leggerlo bene, c’è un messaggio in ogni cosa
We die. So others can be born. / Si muore. Perché altri possano nascere.
We age, so others can be young. / S’invecchia, perché altri possano essere giovani.
The point of life is live. / Il senso della vita è vivere.
Love if you can. / Amare se si può.
Then pass it on / E poi tramandare.

Alle 4 e 18 Pete, che in questa via di questo quartiere di questa città (chiamiamola / Londra) è cresciuto, è ubriaco lercio. La chiave nella toppa non vuole proprio entrare. E Oops. / La conosco questa sensazione / ingurgitare schifezze fino a fissare il soffitto. / Oops. / Ballando su musica di merda / mani in alto quando arriva la botta. Dietro di lui la tempesta. Ma la chiave nella toppa ancora non entra. 

Woops. / Oops.
Back here then’s pose / E allora mi sa che ci risiamo
Don’t watch the state of my nose / non far caso a come è ridotto il mio naso.
Woops / Oops.
I swear this person isn’t me / Giuro che io non sono così
We did have fun though, didn’t we / però ce la siamo spassata, non è così?

Didn’t we? / Non è così?

Vive nel palazzo nuovo, Bradley, giovane professionista (appartamento stralusso / single / Tinder / flirt effimeri / living The Dream). Eppure non dorme. Si rigira, cuscino freddo, corpo caldo. Ancora le 4 e 18…

Most days I’m dazed / La maggior parte dei giorni cammino
walking round / stordito
I’m working / lavoro
talking / parlo
perking up. / mi tiro un po’ su.
But always feel I can’t be certain / Ma sento sempre di non essere ben sicuro
That I’ve woken up / d’essermi svegliato
at all / del tutto.
Is this life? / Ma davvero la vita è così?
Will this pass? / Passerà mai?
This feeling / Questa sensazione
like I’m looking at the world / di star guardando il mondo
from behind glass? / da dietro un vetro?

Sono ancora le 4 e 18. Zoe, sigaretta accesa, va alla finestra e guarda Londra (è una fortezza murata / è tutta per ricchi / se non ce la fai / sei fuori), Pia guarda il corpo che dorme accanto al suo. E’ Rose. Ma Pia ama Spina. Hanno rotto da poco eppure Spina è ancora lì, intrappolata in un flow di shakespeariana memoria: E penso a te / e alle cose / che mi fai. Te ne sei andata / Come mai ti trovo ancora / in agguato? / Stringimi / la gola / con le mie stesse mani / E adesso vattene / ti prego / Vattene e basta.

It’s been 4.18 / E’ un pezzo che sono le 4 e 18
And dawn’s still / e l’alba è ancora distante
hours off yet / ore
[…] But watch now / Ma guarda ora come
as the breaking storm outside / lo scatenarsi della tempesta fuori
animates the frozen moment / anima il momento raggelato

I sette vicini, di via, quartiere, città,  Chiamiamola / Londra, si vedono per la prima volta e, in mezzo al rabbioso temporale, dapprima si riparano gli occhi / ma poi / tirano indietro la testa / offrono i corpi / alla tempesta. Vicini, sempre più vicini, non sono più soli. Fino all’alba.

They will be aware of this baptism in a distant way / Ricorderanno questo battesimo come lontano
It will become a thing they carry close like the photo of a dead parent / Diventerà una cosa che portano con sé come la foto di un genitore morto
tucked always in the inside pocket / riposta sempre in una tasca interna
Fading like the heartbeat / Che sbiadisce come il battito del cuore

Dai sette personaggi al narratore. Da Jemma, Ether, Alicia, Pete, Bradley, Zoe e Pia a Kate. Dal particolare, privato, intimo all’universale, pubblico, corale. Dalla prima persona singolare ad una singolarità che si fa plurale, la voce di una generazione.

L’ultima traccia, l’ultima poesia, l’ultima parte del poema, l’ultima amara, violenta, rabbiosa melodia è il vero manifesto di Let Them Eat Chaos.

Indigenous apocalypse / Apocalissi indigene
decimated forests / foreste decimate
We are nothing but eating mouth / Non siamo altro che una bocca divorante
Oesophagus colossal / Un colossale esofago
Will not stop until we’ve beaten down the planet into pellet / Non ci fermeremo finché non avremo ridotto il pianeta in pellet
[…]It’s killing me it’s killing me / E’ una cosa che mi uccide mi uccide
It’s filling me / mi riempie
I’m vomiting. / Vomito.
It’s still in me / Ma è ancora dentro di me

La visione corale si fa, in realtà una chiamata alle armi, le armi proprie dell’umanità:

all’empatia cosmica (Non siamo che scintille / particelle / di una costellazione più grande / molecole minuscole / che formano un corpo solo);

alla solidarietà tra simili e pari (la tragedia e la sofferenza / di una persona che non hai mai incontrato / è presente nei tuoi incubi, / nell’attrazione che provi / verso la disperazione / il malessere della cultura / e il malessere nei nostri cuori / è un malessere inflitto / dalla distanza / che condividiamo);

al senso di responsabilità (Sono state le nostre bombe a scatenare questa guerra / Infuria lontana / e perciò non teniamo conto delle sue vittime, sono stranieri / ma sono genitori e figli / resi cani dal pericolo / Sono stati i nostri barconi a salpare, ammazzare, depredare e indebolire / sono stati i nostri scarponi a calpestare / i nostri tribunali a spedire in galera / e sono state le nostre cazzo di banche a essere salvate);

all’amore universale (Il mito dell’individuo ci ha lasciati scollegati smarriti / e in stato pietoso / La fiducia è / la fiducia è una cosa che non vedremo mai / finché l’Amore non sarà incondizionato).

E un invito. A guardarsi. A vedersi come parte di un tutto. Più forti perché meno distanti, più vicini perché uguali (Credi che io e te siamo così diversi? Ti perdi nei dettagli. / Io e te, separati, siamo più facili da limitare). A svegliarsi. Ma sono ancora le 4 e 18. Anche per Kate Tempest.

I’m out in the rain / Me ne sto sotto la pioggia
it’s a cold night in London / in una fredda notte londinese
Screaming at my loved ones / Urlando ai miei cari
to wake up and love more. / di svegliarsi e amare di più.

Pleading with my loved ones to / Scongiurando i miei cari di
wake up / svegliarsi
and love more. / e amare di più.