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Il vero nella Street Photography

La bellezza della Street Photography è racchiusa all’interno dello scatto stesso che abbiamo davanti ai nostri occhi. Soffermandoci sui particolari, comprendiamo quanto tutto sia magnificamente spontaneo. Non c’è nessuna messa in posa obbligata. Nessuno sorride a comando come nelle foto che abitano gran parte delle nostre case — perlopiù quelle contenute negli album di famiglia. I denti sono tenuti ben nascosti dalla spontaneità delle espressioni immortalate in un determinato momento, e quel momento diviene a sua volta manifesto della purezza di ogni singolo individuo ritratto, di ogni singolo istante. Tanti sono i modi che consentono di falsificare la realtà. L’arte, in assoluto, permette di varcare i limiti di tutto ciò che si presenta ai nostri occhi. Ad esempio nella letteratura — ma nell’atto di scrivere in generale — c’è la rivalità tra fiction e non fiction. Stessa cosa avviene nella pittura: innumerevoli sono i dipinti che raffigurano veri e propri viaggi utopici condotti in prima persona dall’autore, contrapposti a loro volta a quelle opere che comunemente riconosciamo come ritratti. In un mondo in cui tutto viaggia alla velocità della luce, e che pretende sempre il massimo dell’efficienza, …

Il selvaggio negli scatti di Corwin Prescott

Il nostro immaginario comune è abituato a rappresentare gli Stati Uniti secondo le classiche figure che sono in circolazione da diverso tempo. Ormai sono sempre le stesse. Grattacieli, strade larghe ed interminabili, mega uffici, taxi gialli e fast food che spuntano ad ogni angolo della strada come fossero funghi. Stando alle parole di chi ci è stato per davvero oltre oceano, le cose stanno sul serio in questo modo. Una serie di non luoghi che accomunano una grande metropoli come New York a quelle cittadine di provincia fatte di squallidi motel e bar fatiscenti. Penserete che lì tutto sia plastico, freddo. Un posto privo della capacità di suscitarvi qualsiasi genere di emozione. E invece vi sbagliate. È questa la particolarità che contraddistingue un paese come gli Stai Uniti da sempre impegnato a diffondere il suo modello di sviluppo e di successo in giro per il mondo. In questo caso, la sua architettura contraddistingue i tratti di un luogo che lascia il segno in ognuno di noi già al primo sguardo. Oggi, per assaporare nuovi scenari che ci consentono di …

Sylvia Plachy e il substrato della realtà

Da qualche tempo c’è un pensiero che mi ronza nella testa: gli artisti ungheresi hanno qualcosa in più rispetto agli altri. L’artista che vi voglio presentare oggi è Sylvia Plachy, una fotografa che ha trascorso i suoi primi tredici anni di vita in Ungheria e che, proprio come Agota Kristof, (di cui vi ho parlato qui) nel 1956 è fuggita dal suo paese sconvolto dalla rivoluzione. Dopo la fuga la giovane Sylvia va a vivere a New York con la sua famiglia. Sarà suo padre a regalarle la prima macchinetta fotografica. Il regalo non è un caso: si tratta di un modo per farla sentire meno sola dato il recente sconvolgimento della sua vita per la fuga dal paese natale. Così Sylvia comincia a fotografare per ritrovare sé stessa, facendosi subito notare da nomi del calibro di André Kertész. Ho conosciuto il lavoro di Sylvia Plachy grazie a un interessante documentario trasmesso da Rai5 nel febbraio del 2013. Il documentario in questione, Close Up: Photographers at work, che risale al 2007, comprende la presentazione dei lavori e degli …

Addio a John Hopkins

Quello che vedete ritratto sopra è John Hopkins. Dei fotografi si dice che raramente si lasciano immortalare — un po’ come la storia del DJ che mette la musica alle feste solo perché non sa ballare — invece di lui abbiamo abbastanza materiale per ammirare i suoi usi e costumi. Hoppy, com’era solito farsi chiamare da amici e fans, è morto lo scorso 30 Gennaio a Londra. Aveva 78 anni. Tutti lo conoscevano per la sua attività di fotografo, reporter e giornalista, ma non solo. Ha ricoperto un ruolo di tutto rispetto nella scena della cultura underground a partire dagli anni 60. Iniziò a fotografare dopo aver ottenuto — sprecata volutamente, nel pieno delle sue facoltà — una laurea in fisica all’Università di Cambridge nel 1957. Di lì a poco ricevette in regalo una macchina fotografia, la stessa che gli consentì di iniziare a scattare i primi lavori per le maggiori riviste inglesi di quegli anni. Da annoverate tra le sue creazioni ci sono: la rivista anarchica The International Time e il club UFO. Il giornale nacque nel 1966 — pare con l’aiuto economico di Paul McCartney — a …

Detto e non detto nell’occhio del secolo

La fotografia è un gioco di luci e ombre. Non a caso il paragone più adatto ad esplicare il funzionamento di una macchina fotografica è quello con l’occhio umano. L’atto di guardare dal mirino riporta a una concezione voyeurista, che permette a chi è dietro di esso di cogliere espressioni, ombre che si posano sui volti e luci che li illuminano. Uno dei maestri indiscussi dell’arte fotografica è Henri Cartier-Bresson, noto anche con l’appellativo di Occhio del secolo per i suoi immani contributi al foto-giornalismo. Quello che tuttavia vorrei evidenziare in questo mio omaggio al maestro è la carica sensuale di alcuni suoi celebri scatti. Elemento comune, non a caso, delle tre foto che vi propongo sono le gambe avvinghiate degli amanti e il desiderio visibile e naturale del cercarsi. L’acqua, elemento che abbraccia i due protagonisti, sembra rendere questo scatto un momento unico e irripetibile. L’abbandono alla passione e il lasciarsi cullare tra le onde permettono a chi lo osserva di immaginare le circostanze, o i dialoghi. Il tutto viene accompagnato dalla maestria del gioco di …