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Il germe dell’attesa.

L’attesa, quando arriva, non si può dirle niente. Non un insignificante rimprovero. Non un ammonimento biascicato, non un avvertimento trascinato fra palato e lingua.  Il germe dell’attesa arriva con la noncuranza di una barba non fatta e i capelli in disordine. Arriva con quel particolare gusto nell’aspettare davanti alle porte, prima di spalancarle. È l’attesa raminga, della salvaguardia a ogni costo, delle unghie infilate nelle poltrone. Le attese sono bicchieri colmi di lombrichi su tavole disinfettate, sono un microscopio fatto con resti di macchine fotografiche in rovina e cannocchiali ricavati con vetrini introdotti in un ramo. L’attesa passeggia accanto alla stanchezza. E tira le maglie come un furetto molesto alla ricerca di un cielo stabile sotto nuvole schizzate dal sole, fronde scure e epidermide secca. È un viso costantemente in ricerca di mani aperte e visiere per pensieri. Marchingegni lucenti per denti e macchie di lampone sulla pelle. Ci misuriamo le ossa, e in attesa, respiriamo il suono degli usci.

In ordine sparso.

© Cristina Rizzi Guelfi - In ordine sparso - Racconti di Ringhiera

Ci sono persone che vanno viste con la mente per capire. Lei dovete immaginarla con un paltò scarlatto e le galosce da pioggia intervallata da quadratini di cartone color cioccolata di nastro adesivo. Ma quest’immagine è solo una panoramica, che rende giustizia solo a uno sguardo dato in cima a un piccolo aeromobile graffiato di blu. Lei sembrava vivere in un plastico di ciliegio. Medicava le sue incompletezze con affetto certosino. Nettava le seggiole e ricollocava le tavole di legno con calma e concentrazione. Il disordine nella sua testa e l’ordine intorno a sé. Si spostava nella sua tana come un ragno d’appartamento con una scrupolosità rallentata, un senso di già visto, una dimissione solerte. Quando raccoglieva le polveri, pareva un levare nutrimento alle cose: alle reni dei libri, alle zampe degli scrittoi, alle sue teste di lume. Si spingeva nel mondo con la quiete degli influenzati, la coscienza della transitorietà e la gravità di un collo greve. In cambio poteva vantare la clemenza per i contorni, il non lamentarsi per poco, la transitorietà delle …