Sophie Day e Fuckboy

Il ritratto è un genere fotografico che solitamente riconduciamo al volto e al corpo. Quello che vediamo è il risultato finale dell’interazione tra fotografo e soggetto. Spesso però appare come un insieme di fattori attraverso cui i due elementi attivi della fotografia dialogano tra loro, talvolta anche in modo implicito.

Il lavoro della giovane fotografa newyorkese Sophie Day non è il ritratto in senso prettamente fotografico. Il suo progetto Fuckboy è un documentario sugli skateboarders della Grande Mela. Dalle clip che possiamo trovare sul suo profilo Vimeo ci rendiamo conto di quanto a volte la semplicità possa essere d’aiuto alle arti visive. Sophie riprende la realtà che sente vicina a sé, quella composta da adolescenti che cercano in ogni modo di stare a galla, quella dei maschi che danno il nome al suo documentario, i Fuckboys. La scelta del titolo è dovuta a uno stato di Facebook in cui la stessa Day chiede quale sia l’offesa più grande da fare a un ragazzo. Tra i vari little dick, asshole and stuff like that, c’era anche fuckboy.

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Se la mia umile abilità da traduttrice mi aiuta, dovrebbe trattarsi di “un ragazzo che va in giro a scopare” ed infatti è un termine molto usato per descrivere una certa vena ormonale da sempre presente negli adolescenti. In ogni caso, Fuckboy è diventato un documentario che dipinge una realtà — quella di un gruppo di sedicenni newyorkesi che ama andare in skate.

Il progetto si è sviluppato quasi in parallelo a quello che Sophie Day stava conducendo sulla sessualità femminile, che si dimostra come il trampolino di lancio che le permette di chiedersi cosa sia permesso ai ragazzi e come sarebbe relazionarsi con loro senza offenderli. In breve, quello che interessa a Sophie è la comprensione dell’adolescenza al maschile.

Guardando le clip tratte dal documentario viene fuori con molta forza un ritratto affascinante, un miscuglio tra tempeste ormonali e un irresistibile abbigliamento che richiama decisamente gli anni Novanta.

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Con non molta sorpresa si riesce a percepire che i ragazzi protagonisti del documentario non sentono la presenza di Sophie come aliena. E questo le permette di ritrarre una realtà che può essere deleteria per un outsider, ma se presa in modo giusto riesce a diventare materiale perfettamente cristallino.

Spesso nei rapporti umani tra adolescenti risulta complicato riuscire a comprendersi. Le motivazioni sono diverse e questo riporta al bisogno quasi tangibile di Sophie di capire cosa ci sia dietro i comportamenti dei ragazzi come una controparte del suo reale studio della femminilità. Fondamentalmente molti adolescenti agiscono in modo duro quando la loro mascolinità viene messa in una posizione di debolezza. In più ciò che appare realmente è il bisogno di smetterla con i ruoli stereotipati. Sì, una ragazza può fare le stesse cose che fa un ragazzo. E sì, un ragazzo non è meno maschio se mostra la sua sensibilità.

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Il lavoro di Sophie Day cerca di mettere in luce proprio questo, ma senza sfociare nel femminismo. Ciò che rende interessante Fuckboy è il bisogno di creare un ritratto che vada al di là di ciò che è direttamente visibile. La vera chiave sta nell’abilità di Sophie nel raschiare il fondo del barattolo, alla ricerca di ciò che i ragazzi non ti diranno mai con facilità.

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Credit: Sophie Day

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