L’editor come addetto alle pulizie

Quando parliamo di pulizie corriamo sempre il rischio di rimanere incastrati nella noia che l’argomento può suscitare. Spolverare e riordinare sono due delle mansioni più odiose e antipatiche che si rispettino. È mattina e in serata avete degli amici a cena? Bene, sicuramente la vostra casa esige di essere messa a soqquadro per poi essere presentata perfettamente lucida in ogni suo angolo. Tra l’altro, nascondere la polvere sotto il tappeto non è affatto una buona scelta. A qualcuno potrebbe sempre scivolare una moneta, un’oliva o una nocciolina. Toccherà poi chinarsi, magari spostare di qualche centimetro il bordo del tappeto, e fare l’amara scoperta. In quel caso avrete sicuramente fatto una figura tra le più memorabili di sempre, una di quelle che ti si ripresenteranno nei momenti meno opportuni, tipo quando sei a tavola dai tuoi in uno di quei maledetti ed inutili pranzi di famiglia.

L’editing dei testi e le pulizie di casa un po’ si assomigliano. Devi sistemare tutto alla perfezione altrimenti rischi di passare per il fesso di turno. Trascorri tutto il tempo a rileggere quello che hai scritto in cerca di quegli errori/orrori imperdonabili — di solito sono quelli più facili da beccare — che metterebbero il tuo lavoro a rischio, facendolo così scivolare lungo le scale di quel dimenticatoio dove finiscono i faldoni di testi superficiali. È pur vero che editare un testo vuol dire tante cose. Basti pensare che nel mondo dell’editoria persiste ancora una grossa confusione tra editore e editor — stando a quello che continuano a ripetere gli addetti ai lavori sui social network.

Tornando all’analogia tra il lavoro di editing e quello delle pulizie di casa, la figura dell’editor la possiamo tranquillamente paragonare a quella che volgarmente viene definita “donna delle pulizie” — nel corso degli anni ci sono state parole che hanno cercato di colmare questa discrepanza con nomi che vanno tipo da governante fino ad arrivare a nomi inglesi come babysitter (intesa come sinonimo di factotum). Se per casa ci sono oggetti fuori posto ecco che l’intervento dell’addetto alle pulizie rimedia prontamente all’inconveniente. L’oggetto torna nel suo angolo e tutti possono tornare a respirare liberi e sereni. Stessa cosa avviene nel caso dei refusi presenti in un testo. L’editor interviene lì dove ci sono lettere o battute di troppo — o lettere mancanti — ripristinando una certa armonia nella scrittura/lettura.

Questi sono esempi piuttosto banali che, tutto sommato, servono a comprendere il lavoraccio che c’è dietro ad una parola che, nella maggior parte dei casi, identifica un ruolo quasi dimenticato da quella categoria di aspiranti scrittori che mutano il loro essere tale in aspiranti scrittori presuntuosi quando non accettano l’evenienza di essere corretti da qualcuno estraneo alla propria scrittura. Diversi scrittori, pur di accaparrarsi un misero stipendio, hanno cominciato come correttori di bozze. Immaginateli tra le strade di New York, con il loro manoscritto chiuso a doppia mandata nel cassetto dei sogni, a vagare lasciando le proprie candidature nelle case editrici, nei giornali e nei magazine di prestigio, gli stessi che si occupavano dei loro idoli letterari. Poi qualcuno lo abbiamo trovato anche nelle agenzie pubblicitarie, ma questa è un’altra storia.

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Come ben sappiamo, chi si occupa delle pulizie non si occupa solo ed esclusivamente delle pulizie. All’aspirapolvere si può affiancare un martello e dei chiodi per appendere la nuova cornice comprata qualche giorno prima al centro commerciale. Allora occorre prendere tanti accorgimenti pur di sistemare quella cornice secondo un livello ben preciso — anche se in questo caso potrebbe bastare un criterio molto più tollerante, dato che ci vuole una certa dimestichezza. Nel caso dell’editor non sono solo i refusi a creare malumori tra correttore e corretto, ma sono anche le costruzioni delle frasi, sensi compiuti che si teletrasportano sulla luna o che svaniscono sul più bello. Una virgola nel posto sbagliato costringe la lettura ad andare fuori tempo. Ecco quanto sia necessaria l’alleanza da instaurare tra l’editor e l’autore del testo. Più che una battaglia, quello tra i due soggetti implicati deve essere un manifesto che elogi la complicità a discapito dello scontro — che a sua volta non porta da nessuna parte. Contro questa visione potrebbe presentarsi l’esempio dell’invadenza di Gordon Lish, ma in quel caso — secondo il mio punto di vista — si è trattato di un addetto alle pulizie che voleva giocare più del dovuto con le chiavi di casa, cercando così di passare per il proprietario dell’appartamento, destinando a Raymond Carver il compito di firmare un comune contratto di affitto. In questo caso le chiacchiere stanno a zero e a noi non interessano le congiure di palazzo che vedono in Carver la figura dello scrittore incapace di scrivere senza il taglio del suo editor.

Ogni giorno si incontrano addetti alle pulizie. Li vediamo indossare le loro divise, i loro indispensabili attrezzi, e sono subito pronti a sistemare tutto prima che arrivino coloro che hanno commissionato il lavoro. Ecco, l’editor segue le stesse tempistiche ed insegue gli stessi risultati. Avvia una pulizia completa del testo pur di farlo apparire nella forma migliore. I manoscritti, dopo essere passati per le loro mani, brillano di luce propria, la stessa che nel testo era sepolta da un cumulo di polvere. Certo, è un lavoro che ha la sua durata, sinonimo di una qualità insita nelle competenze che l’editor possiede.

Poi ci sono i casi in cui un addetto alle pulizie non ce lo si può permettere perché il denaro non basta. Allora tocca indossare gli abiti più comodi, farsi un paio di risvolti alla camicia — anche al pantalone, se proprio volete — e smazzare dall’inizio alla fine, magari canticchiando qualche canzone. Prendete il vostro manoscritto e lavorateci sopra il più possibile, in modo da renderlo ufficialmente presentabile. In quel caso, se una buona rivista crede nel vostro lavoro e ritiene che con le giuste modifiche possa prendere il volo, tanto meglio. Capita la stessa cosa quando vi bussa alla porta di casa il rappresentante della Folletto pronto a dimostrare l’efficacia dell’ultima creazione sui vostri materassi. In quel caso voi ottenete una pulizia a costo zero, con buona pace del povero malcapitato. Ma non dimenticate che ad un ospite non si presenta mai una casa in disordine. Qualcosa la dovrete pur sistemare, che diamine. Se proprio non riuscite a risolvere la situazione, allora fate finta che di non essere in casa.

In copertina: David Remnick nel suo ufficio al New Yorker

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