Later! [Chiamami col tuo nome]

Timothée Chamalet, Armie Hammer - Call Me by Your Name
[di Lulù Withheld]

 

Maybe Later. 

Dopo, forse. 

 

Chiamami col tuo nome – Call Me by Your Name, film di Luca Guadagnino, è un racconto sensuale e trascendente sul primo amore, basato sul famoso romanzo di André Aciman. È l’estate del 1983 in un luogo imprecisato del nel nord dell’Italia. Elio (Timothée Chalamet), un precoce diciassettenne di origine ebraica, vive con i genitori nella loro villa seicentesca, passando il tempo a trascrivere e suonare musica classica, leggere, e flirtare con la sua amica Marzia (Esther Garrel). Un giorno, arriva Oliver (Armie Hammer) un affascinante studente americano di ventiquattro anni, che il padre di Elio ospita per aiutarlo a completare la sua tesi di dottorato. In un ambiente splendido e soleggiato, Elio e Oliver scoprono la bellezza della nascita del desiderio, nel corso di un’estate che cambierà per sempre le loro vite.

 

 

 

Timothy Chamalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

Timothée Chalamet – Call me by your name

Il film di Guadagnino, come lo stesso romanzo di Aciman, parte lento, in sordina. Esita.

Come esita Elio. Come esita Oliver.

Il pensiero adolescenziale che si avvolge a spirale su se stesso. Si contorce e trema e muore. Poi. Il desiderio.

Che esplode, un gemito. «Se ti fermi, mi uccidi». Dice Elio, nel romanzo.

Il desiderio che, piano, arriva e squarcia tutto.

La scoperta del desiderio, ma anche il tormento che ne deriva. L’arrendersi alla fame dell’altro. Il non potersi sottrarre alla fame dell’altro.

Perché il Desiderio, come il Cuore, non è che si possa scegliere a monte.

Timothy Chamalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

Timothée Chalamet – Call Me by Your Name

Il cuore non si sceglie. Non possiamo obbligarci a desiderare ciò che è bene per noi o per gli altri. Non siamo noi a determinare il tipo di persone che siamo. Come fai a sapere cosa è giusto per te? […] Cosa succede se ti ritrovi con un cuore inaffidabile? Non possiamo scegliere cosa vogliamo e cosa non vogliamo e questa è la verità nuda e cruda. Non possiamo scappare da ciò che siamo”.

Trascrivo da un brano de Il Cardellino di Donna Tartt.

L’oggetto desiderato, Oliver, piomba all’improvviso. In quell’inizio estate. Tutto è lasciato al caso. Tutto in balìa del desiderio. Dei sentimenti. Su ogni cosa aleggia uno splendido languore conturbante. Il sole, le cicale, le imposte lasciate aperte, le tende svolazzanti. “Svolazzina”, la camicia azzurra di Oliver. In questo dolcissimo appellativo si esaurisce e delinea l’età del protagonista. Tutta la sua giovinezza.

L’estate, la calura, l’acqua del fiume, la piscina che nella trasposizione cinematografica diviene una pozza. Gli eventi che si dispiegano, l’irreparabilità di essi.

 

Timothy Chamalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

Timothy Chamalet, Armie Hammer – Call Me by Your Name

 

 

Da qualche parte esiste una legge secondo cui se una persona si innamora di un’altra, questa deve ricambiare per forza.

 

I due ragazzi si contemplano. È tutto un gioco di sguardi.

Quello sfiorarsi, cercarsi e ritrarsi. Continuo, che è tipico del corteggiamento. I passi incerti, l’uno verso l’altro, la passione che non può palesarsi. Perché sono due uomini, lo sanno.

E.

Tentennano.

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Oliver che tocca Elio sulla spalla. I piedi che si sfiorano. Le mani appena un accennarsi. E poi. Si guardano. Si guardano ancora, sempre. E poi si sfiorano. Ancora. Ed Esitano. Manca coraggio. Ancora, per poco.

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Timothy Chamalet, Armie Hammer – Call Me by Your Name

 

Ti prego non farmi male, che in realtà volevano dire: Fammi tutto il male che vuoi.

 

Di tutte le seghe mentali che Elio si fa, e che occupano un centinaio di pagine del romanzo di Aciman, James Ivory fa piazza pulita. Questo è uno dei grandi pregi del film, a dispetto del romanzo. La sceneggiatura, spogliata di ogni orpello, è quella che vince l’Oscar, infine.

Ho amato il romanzo, certo, ma il film parla, mediante le immagini, una lingua più vicina al cuore. Più immediata. Allerta i sensi, il film. La lingua di Aciman, invece, ha il potere di ferire annientare e innalzare, dilatando lo spazio e dilatando i tempi. Il tempo di quell’estate e di quello che succede dopo quell’estate, che no nel film non c’è.

Dicevo che Ivory asciuga tutti gli eccessi del pensiero cervellotico e segaiolo di Elio. Resta solo Elio, il suo sguardo, il suo corpo, il suo muoversi. Resta un adolescente, quale è. Un meraviglioso adolescente.

Timothy Chalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

Timothy Chamalet – Call Me by Your Name

E non ci si può non innamorare della inesauribile innocenza di questo adolescente. Quando danza entrando in scena, quando si tocca l’uccello dopo avere baciato Marzia, quando suona il piano, quando dice con la voce rotta

«Puoi venirmi a prendere, mamma? – Can you come get, mom?»

(Scena di una tenerezza devastante, di cui non c’è traccia nel romanzo).

L’io narrante diventa lo sguardo narrante. Il corpo narrante.

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Cor Cordium, cuore dei cuori. 

 

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«Io non so niente, Oliver, niente di niente»

Guadagnino, da distante in campo lungo, filma in piano sequenza i due ragazzi che si rivelano. La scena dello svelamento del desiderio, una delle più significative di tutto il film. Lo spettatore guarda da lontano, quasi uno sbirciare in punta di piedi, a non volere disturbare. Stanno parlando loro due, sono arrivati nella piazzetta del paese, vicino il monumento ai caduti. Cominciano a distanziarsi mentre parlano, si separano girando attorno alla statua commemorativa, salvo poi ricongiungersi di nuovo. Con un Elio, più sfacciato che mai, che si avvicina ad Oliver. E si guardano, dritti negli occhi. Un momento di tensione altissima.

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«Stai dicendo davvero quello che penso?»

Elio, giovanissimo. Timido e sfrontato, così fragile e così devastante.

Sembra una danza. La loro.

Gli amanti danzano sempre prima di stringersi nei loro abbracci. Ed è una danza animale, ed è quello. La passione. Cazzo, se è la passione.

C’è uno struggimento pazzesco in quelle poche pochissime parole che vengono pronunciate. Ma loro due si intendono. Perché entrambi sanno.

«Non andartene, aspettami qui, »

«Non mi muovo di qui, lo sai benissimo»

«Don’t go anywhere. Stay right here.»

«You know I’m not going anywhere.»

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Timothy Chamalet, Armie Hammer – Call Me by Your Name

James Wilby, Hugh Grant - Maurice

James Wilby, Hugh Grant – Maurice

Così eccoli, come nel film Maurice di James Ivory, i due ragazzi sdraiati sull’erba. Stessa inquadratura, stessa tensione emotiva.

Maurice e Clive si baciarono sull’erba. E

qui si baciano, finalmente, Oliver ed Elio. Sulla collina di Monet.

Mi fissò dritto in faccia, come se gli piacesse e volesse studiarla e prendersi tutto il tempo, poi mi toccò il labbro inferiore con un dito e cominciò a farlo scorrere a destra e a sinistra, e poi ancora e ancora mentre io stavo lì sdraiato, lo guardavo sorridere in un modo che mi faceva temere che potesse succedere qualunque cosa e non ci sarebbe stato ritorno, che quello fosse il suo modo di chiedere […] Solo che tempo non ne avevo più, perché portò la sua bocca alla mia. 

 

Timothy Chalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

Timothy Chamalet, Armie Hammer – Call Me by Your Name

Luca Guadagnino ci regala solo le immagini, suggerisce sottovoce. Suggerisce e basta. E lo fa con grande poesia, degna dei maestri che l’hanno preceduto. Si parla, per questo film, di omaggi a Bertolucci e a Visconti. Il merito, certo, va anche alla fotografia di Sayombhu Mukdeeprom, che con grande eleganza ha ritratto quel tipo di mondo. Perduto.

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Persino la scena della pesca, che nel romanzo appare quasi grottesca, nel film perde quella comicità intrinseca e diventa pura poesia. Con quel pianto, accorato. Quel pianto che, mioddio, strazia il cuore.

«Sono malato» dice Elio. «Sick. I’m sick». Ripete.

Con la voce strozzata dal pianto.

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Purtroppo la Liguria di Aciman cede il posto a un luogo senza il mare, che mi ha lasciato stranita. Io che mi ero fatta tutto un viaggio a guardare il cielo a perdita d’occhio da qualche promontorio a picco sul Golfo dei Poeti.

Il ritrovamento della statua a Sirmione. Una metafora quasi dionisiaca, il darsi dei corpi, maschile e femminile, senza i pregiudizi di genere. Rimanda alle Memorie di Adriano della Yourcenar. (Il ritrovamento del giovane Antinoo per mano di Cabria). Rimanda, sicuramente, al legame tra Alessandro Magno ed Efestione. Ma forse vuole solo sottolineare il corpo levigato di Oliver, la sua bellezza apollinea. Il corpo, scultoreo, dell’americano.

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Timothy Chamalet, Armie Hammer – Call Me by Your Name

Ci sono le vestigia di una certa colta borghesia, che eredita ville e pozze piscine nelle campagne cremasche, che parla tutte le lingue del mondo, che si compiace di sé e dei propri ospiti, che accetta l’indolenza del desiderio perché è l’unico modo per continuare a esistere.

Ci sono gli anni ’80, gli anni di una stagione della propria vita. L’incanto della mia infanzia corrisponde agli anni della giovinezza del regista. Anno più, anno meno. Non si può non restare ammaliati da questa ambientazione, quella del proprio cuore. Tutti noi abbiamo avuto la nostra estate perduta.

Our summer of Love. 

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Timothy Chamalet, Armie Hammer – Call Me by Your Name

Un’ambientazione nostalgica, più di Stranger Things perché terribilmente italiana. Come non commuoversi sulle note di Battiato che accompagnano la scena più controversa del film, quella della pesca appunto.

C’è la leggerezza di quelle sere estive, tamarre e bellissime, ballando su Love My Way (The Psychedelic Furs).

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E come non lasciarsi andare in un loop feroce di Futile Devices di Sufjan Stevens, quel ripetersi…

I do
Love you
I do
Love you

Come non innamorarsi, infine, di Mistery of Love, sempre per mano di Sufjan Stevens. 

The first time that you touched me
Oh, will wonders ever cease? 

Blessed be the mystery of love. 

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Timothy Chamalet, Armie Hammer – Call Me by Your Name

C’è Roma, la città eterna, che diventa Bergamo in un’aberrante downgrade di location.

Il bacio fuori fuoco, uno contro l’altro schiacciati contro il muro di quella notte bergamasca. Che suggella la suprema tenerezza di quel loro fugace istante di amore. Prima dell’addio.

 

Timothy Chalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

 

Mi spinse contro il muro e cominciò a baciarmi, i fianchi contro i miei, le sue braccia che quasi mi sollevavano da terra.

 

Come tutte le altre volte, anche qui, la camera non insiste su di loro, e glissa lasciando i due amanti al loro privato.

Quell’amore privato assoluto tragico totalizzante. Quello che poi non si vivrà più.

Il loro bacio, fuori fuoco, è di una delicatezza infinita.

Il loro bacio, fuori fuoco.

E proprio su un eterno cambio di fuoco fra i due protagonisti gioca il regista. Quasi a volere bene imprimere nella memoria visiva dello spettatore Parce que c’était lui, parce que c’était moi.

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Ma questa cosa che quasi non fu mai, ancora ci tenta. Avrei voluto dirgli .

 

Timothy Chalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

 

Restano addosso i profumi, i colori, i suoni dell’estate, di quella estate. Indimenticabile.

Lo splendore dei loro corpi, della giovinezza.

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«Tra voi c’è una bella amicizia. Forse qualcosa di più. E io ti invidio. […] Rinunciamo a tanto di noi per guarire più in fretta del dovuto, che finiamo in bancarotta a trent’anni, e ogni volta che ricominciamo con una persona nuova abbiamo meno da offrire. Ma non provare niente per non rischiare di provare qualcosa… che spreco!»

[…]

«Ma ricordati cuore e corpo ci vengono dati una volta sola. La maggior parte di noi non riesce a fare meno di vivere come se avesse a disposizione due vite. […] Invece di vita ce n’è una sola, e prima che tu te ne accorga ti ritrovi col cuore esausto e arriva un momento in cui nessuno lo guarda più, il tuo corpo. Adesso c’è la sofferenza, il dolore. Non invidio il dolore in sé. Ma te lo invidio questo dolore»

Le parole di Mr. Perlman, il padre di Elio, in primo piano. In controcampo lo sguardo, disperato, di Elio. Che ribatte solo con quel «Mamma lo sa? – Does mom know?», con la voce rotta, chiudendo la scena più straziante del film.

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Quello che resta tra il sempre e il mai è il primissimo piano di Elio davanti al fuoco.

Il pianto. Solo quello resta. Silenzioso arrogante viscerale e muto.

Non c’è altro modo per rendere lo strazio. Del distacco, quello definitivo. Della vita.

Ma insieme al dolore c’è la consapevolezza di avere vissuto una cosa bellissima. Unica.

Irripetibile, forse.

I have loved you for the last time

And I have kissed you for the last time

For the love, for laughter, I flew up to your arms

Timothy Chalet Chiamami col tuo nome Call me by your Name

Timothy Chamalet – Call Me by Your Name

 

Sapevo che avevamo i minuti contati, ma non osavo contarli. […] Mi resi conto che eravamo in un tempo preso in prestito.

 

Tutti noi conosciamo la fine della storia. La conosciamo noi, quanto loro.

Una specie di amore a tempo, il tempo di quelle due settimane.

L’ombra del distacco che si insinua dall’inizio. Lo si vede già in quel piano sequenza sotto la statua dei caduti. Se lo dicono anche Elio ed Oliver, si dicono di notte in riva al fiume «Quanto tempo abbiamo sprecato». 

Se lo dicono, conoscono la fine. Ed è per quello, forse, che si lasciano andare alle loro pulsioni.

Tutto il film è intriso di questa malinconia. Struggente. Delicata. Dell’amore trovato e già perduto.

La malinconia del desiderio. La malinconia della perdita.

E ci verrà da chiamarla invidia, perché chiamarla rimpianto ci spezzerebbe il cuore. 

 

Oliver con quel Later aveva già inteso tutto.

Quel Dopo dell’inizio che è la chiave della fine.

Timothy Chalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

Quel Dopo, a mezzanotte.

«Cresci. Ci vediamo a mezzanotte».

Inquadratura dopo inquadratura aspettiamo con ansia, anche noi insieme ad Elio che guarda impaziente il suo orologio a quarzo, la mezzanotte.

Aspettiamo il momento. Quello sovrano.

La loro prima volta. Niente sarà più come prima.

Che mi avrebbe fatto male, l’avevo immaginato. Ma non mi aspettavo che il dolore si sarebbe aggrovigliato in fitte improvvise di sensi di colpa. Nemmeno di questo mi avevano avvisato. Ormai fuori era l’alba. 

 

Timothy Chalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

Non credo a coloro i quali dicono che è un film d’amore e che sarebbe stato lo stesso se avesse raccontato i primi turbamenti sessuali di una ragazza e di un ragazzo, etero. L’eccezionalità sta anche in questo essere una relazione omosessuale. Il dubbio, del cedere o meno a un desiderio che esula dai canoni ai quali tutti vengono abituati. Sin da bambini.

Nel romanzo ci sono pagine su pagine che raccontano della vergogna provata da Elio dopo la loro prima notte insieme. Il film, invece, risolve il dubbio in poche inquadrature, in cui vediamo un Elio infastidito che dice scontroso «Andiamo a nuotare». Appena, impercettibile. Il senso di vergogna il pudore il dubbio.

Timothy Chalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

In un’intervista ad André Aciman egli stesso dichiara che all’inizio aveva cominciato a scrivere di una storia eterosessuale, ma che una storia etero non avrebbe mai avuto la portata di uno tsunami, come la storia fra due uomini.

Se non fosse stata una storia fra due ragazzi non sarebbe stata la catastrofe che invece viene raccontata. Perché è quello che succede quando ci si scontra con la propria identità, portandola a galla come la statua greca a Sirmione, venendoci a patti. Riconoscendola come propria.

Ed è anche quel chiamarsi, ognuno col proprio nome. Per riconoscere se stessi. Infine.

 

Tu in me, io in te.

 

Timothy Chalet Armie Hammer Chiamami col tuo nome Call me by your Name

 

Da questo momento, pensai. Da questo momento… come mai nella mia vita, avevo la netta sensazione di essere arrivato a un qualcosa che mi era molto caro, di volerlo per sempre, di essere me stesso, me stesso e basta. […] Come se tutto ciò fosse stato parte di me da sempre, ma poi l’avessi perso e adesso lui mi avesse aiutato a ritrovarlo.

[…]

Finché mi disse «Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio» 

«Call me by your name and I will call you by mine»

 

Diventare se stessi, ciò che si è davvero, attraverso l’altro.

Il desiderio di essere uno dentro l’altro. Di annullarsi l’uno con l’altro.

Fondersi, esserci, amarsi.

 

Guardami negli occhi, trattieni il mio sguardo, e chiamami col tuo nome. 

 

Timothy Chalet in Chiamami col tuo nome (call me by your name)

 

Elio. 

Elio… 

Oliver.

 

Zwischen Immer und Nie.

Per te in silenzio, da qualche parte in Italia a metà degli anni ottanta. 

 

Chiamami col tuo nome - backstage

 

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