La bellezza violata ha interrotto la festa

La bellezza violata ha interrotto la festa. - Lulu Withheld

La bellezza violata -c’era scritto sul retro- la bellezza violata ha interrotto la festa.

(La bellezza violata – Massimo Volume)

Di storie ne ho sentite. Di bellezza violata. Di feste interrotte, dico, tante. Troppe.
Tante sempre diverse sempre uguali. Con lo stesso finale di merda.


Le ho sentite come si sentono tutte le cose che non ci riguardano, non personalmente almeno, con leggerezza. La superficialità data dalla distanza dei fatti, abituati a sentire tutto di tutto ormai. Con fatica. Con riluttanza. Con un’indignazione adeguata, che ci consente di andare avanti.


Anche se forse no in realtà non è vero, mai con leggerezza. E forse a guardare meglio l’indignazione provata diventa rabbia. Anche quando è la pelle degli altri a vacillare.


La rabbia.
La senti la rabbia?
Io sono incazzata.

“In una cultura dello stupro, le donne percepiscono un continuum di violenza minacciata che spazia dai commenti sessuali alle molestie fisiche fino allo stupro stesso. Una cultura dello stupro condona come normale il terrorismo fisico ed emotivo contro donne. Nella cultura dello stupro sia gli uomini che le donne assumono che la violenza sessuale sia un fatto della vita, inevitabile come la morte o le tasse”.

(Emilie Buchwald, Pamela Fletcher, Martha Roth; Transforming a Rape Culture)

Non posso che fare riferimento a quello che è il mio di ambito. In mezzo ai set. Dietro alle luci di scena. Tra uno scatto e un altro e durante gli shooting ci sono fotografi che non dovrebbero fare quello che fanno. Fotografi che si spingono oltre.


Oltre.


C’è un confine nella ricerca dell’equilibrio delle cose.
Un confine sottile quello sul set per via del gioco delle parti che si mette in atto a prescindere.
Il confine, quel confine che è impietosamente labile tra l’essere guardato e l’essere guardato in quell’altro modo.


E tu, tu lo sai qual è il limite?
Io sono una donna, il confine lo conosco bene.
Tu lo sai? Qual è il limite?
Dimmelo se lo sai.

Questo è il confine.


La libertà se la prende sempre e solo chi oltrepassa il confine per violare la libertà di qualcun altro.

“Quando la porta che apri è la porta dietro cui ti nascondi”.

Poi succede questo. Succede che intorno fai silenzio. Perché il silenzio ti protegge, non ti espone, non ti rende più vulnerabile di quanto tu già non sia. Il silenzio ti fa scudo insieme alla paura. Il silenzio ti isola dalle minacce, dalle accuse, dai sensi di colpa.


Danneggiati ormai lo si è, già.
Feriti a morte. Lo si è già.
Silenzio. Quello fai intorno.


Perché forse hai capito male, perché forse è così che succede quando si è adulti sui set e fuori dai set, perché forse non era una carezza ma hai inteso male con malizia un’innocenza.

La verità è che No, non hai capito male. Perché lo capisci subito quando il confine viene oltrepassato. Un’attenzione di troppo la riconosci, fidati.


I maiali puzzano anche da lontano.

La bellezza violata ha interrotto la festa. - Lulu Withheld
Millenium – David Fincher

E la verità è che i No loro non li vogliono sentire.
E dicono «Lei non ha detto no, non l’ha detto, o se l’ha detto era troppo tardi».
Troppo tardi?
Troppo tardi un cazzo.

“Conoscete il monologo interiore che accompagna chi ha subito un abuso sessuale. Avete letto qualche libro, avete visto persone parlare su uno schermo con la faccia nascosta: sapete tutto. La mortificazione bruciante, se non ci siete passati, vi manca, ma le parole le conoscete.
È colpa tua. Te la sei andata a cercare. Cosa pensavi che potesse succedere. Sei una troia.
Al mio monologo possiamo aggiungere: sei stata tu a entrare in quella casa. In realtà ci stavi. Non hai detto niente. Perché non hai detto niente? Prima sì e poi no? Non vali niente.
Tu non sei niente”.

(Violetta Bellocchio – Dove credi di andare)

La bellezza violata ha interrotto la festa. - Lulu Withheld
Nome di donna – Marco Tullio Giordana.

E quando le ragazze dicono «Io sono stata ferita a morte».
Dovete crederci.
Non si vede? Dite?

Dal di fuori non si vede?
Fingere che nulla sia successo questo è. Per questo non lo vedete.
Un silenzio intorno che è un fossato di coccodrilli che pensi ti proteggerà per tutta la vita.
Un fossato così fragile.


Per arroccare una ferita invisibile. Che se ci guardi dentro vedi tutta la miseria.
«Non la mia, la loro. Di chi mi ha fatto male. Di chi ha oltrepassato il confine».

Mysterious Skin – Gregg Araki

“E mentre ce ne stavamo seduti lì ascoltando il coretto natalizio, avrei voluto dire a Brian che era tutto finito e che ora tutto sarebbe andato bene, ma sarebbe stato una bugia…e comunque io non riuscivo a parlare.


Avrei tanto voluto poter tornare indietro e cancellare il passato… ma non era possibile, non potevamo farci più niente.


Perciò rimasi lì in silenzio, cercando di comunicargli telepaticamente il mio dispiacere per quello che era successo. Mi venne anche da pensare al dolore e alla tristezza di questo mondo di merda, e mi venne voglia di scappare”.

(Gregg Araki – Mysterious skin)

A questo dovete credere.

“Adesso cosa devo dire.
Adesso cosa succede.
Che fine farò”.

(Violetta Bellocchio – Dove credi di andare)

E poi sai cosa c’è? C’è che gli altri lo sanno.


E qui monta ancora di più quella rabbia che dicevo.
Tutti hanno visto. Tutti sapevano.
A volte il nome di chi oltrepassa il confine è un nome conosciuto. Conosciuto a tutti. A volte invece è il nome di un perfetto sconosciuto.
Ma in entrambi casi è un nome, e i nomi io non li dimentico.
I nomi. Ah già il beneficio del dubbio.


Passano per mentori professionisti santoni. Con autoinvestitura del loro stesso potere.
Ne ho conosciuti diversi. Con quel carisma, quello deprecabile, quello che riesce a soggiogare le persone più fragili. Che non ha più nulla a che fare con la Bellezza.

“Lo stupro altro non è che un processo più o meno consapevole di intimidazione con cui tutti gli uomini mantengono tutte le donne in uno stato di paura”

(Susan Brownmiller – Against Our Will)

Ma vogliamo discuterne?
Ma da che parte state?

Io sto dalla parte di chi è stato danneggiato, ferito, oltraggiato, abusato.
Perché sono una donna e perché sono incazzata.

E perché sono stufa marcia.

“Io con gli stronzi che picchiano le donne non ci lavoro, anche a costo di dover annullare concerti e pagare penali”.

(post di Federico Fiumani)

Che #losapevanotutti non riguarda solo il mondo della musica dell’editoria nel caso che è esploso in questi giorni, che il #metoo investe ogni cazzo di angolo di questo pianeta. #Quellavoltache fa parte di ogni macrosistema ogni ambito ogni interno domestico e lavorativo.


Spero non quasi ogni donna, spero non quasi ogni uomo.

Obbligo o verità. A questo punto?

Quello che succede dopo è che lui mi prende la mia mano e me la infila dentro i suoi pantaloni pigiandomela contro la sua erezione e poi mi caccia la sua lingua in bocca e mi bacia e le labbra sono secche le sue e impastata la mia bocca e mi insinua le sue dita così, straight, nelle mie mutandine. E io mi ricordo solo che erano fredde le sue dita dentro di me. Freddissime.


Che non era piacevole.
Io non volevo toccarlo.
Io non volevo baciarlo.
Che volevo andare via.


Ma che le cose non potevano andare diversamente. Perché le cose avevano semplicemente seguito il loro corso naturale e io non lo so cosa avrei dovuto aspettarmi. O cosa avrei dovuto fare.
Cosa avrei dovuto fare.
Io non lo so.

Ma so anche che non avrei voluto questo finale.

Anne Noun – una vasca da bagno con l’universo dentro