I fumetti sono roba da bambini?

In Italia c’è la convinzione diffusa che i fumetti siano roba da bambini. Molto probabilmente è il disegno che inganna, infatti le cose non stanno proprio così se riflettiamo più attentamente sui contenuti. Prendiamo come riferimento un fumetto classico: I Peanuts.

Charles M. Schulz (1922–2000)

Storia breve: I Peanuts sono un gruppo di personaggi usciti dalla matita di Charles Monroe Schultz, fumettista statunitense che ogni giorno per cinquant’anni (dal 1950 al 2000) ha pubblicato una striscia quotidiana.

Riferito in questi termini può apparire banale e approssimativo, eppure proprio nell’approssimazione sta il concetto di base di questo fumetto. Infatti “Peanuts”, noccioline, sta a indicare proprio le piccole cose, le sciocchezze. Insomma, questo gruppo di bambini capitanato da Charlie Brown si ritrova a vivere la quotidianità illustrata nelle strip. Se ci rifacciamo a un’interpretazione semplicistica, allora le storie di Schultz possono anche sembrare divertenti, ma la semplicità è per chi non vuole andarsi a cacciare nella profondità e a noi non sta bene.

Stando a un’analisi dettagliata dei personaggi che compongono il gruppetto di bambini giungiamo a conclusioni diverse. Charlie Brown, evidente alter-ego dell’autore già a partire dal nome, è un bambino da sempre alle prese con un neanche tanto latente complesso d’inferiorità e incapacità. Questo suo sentirsi inferiore lo porterà sempre a costeggiare il baratro della disperazione, ma sempre in termini infantili. Il piccolo Charlie però è tutt’altro che inferiore ai suoi compagni di avventure, anzi è assolutamente normale. Altrettanto scontato è il suo perenne bisogno di sentirsi accettato e amato dai suoi amici.

Chi troviamo nella banda dei Peanuts? Lucy, una bambina che Umberto Eco nel suo saggio Il mondo di Charlie Brown (in Apocalittici e Integrati, 1964) definisce “matriarcale, perfida, sicura di sé, imprenditrice a profitto sicuro”. Insomma, Lucy incarna la donna del XX° secolo, quella che sa badare a sé stessa, che ha imparato a nuotare in un mare di squali e si è adattata di conseguenza. Altro personaggio significativo è Linus, che tutti conosciamo per la copertina, simbolo di una nevrosi placata dal potere dell’oggetto che gli ispira “una pace uterina”, con il dito perennemente in bocca — emblema della fase orale della sessualità infantile. Trovate tutto questo in Freud, non stiamo inventando nulla. Troviamo anche Schroeder, il piccolo pianista che ama Beethoven e sublima le sue paure nella follia musicale. L’ammirazione di Lucy nei suoi confronti non lo smuove. Quanto saranno complicati questi musicisti? E anche in questo caso, come dicono i latini, Freud docetPig Pen invece incarna un’inferiorità prettamente esteriore: lui è sempre sporco. Anche quando esce di casa pulitissimo tende sempre a immergersi nell’abisso del fango, della polvere. Sentite qua:

Su di me si addensa la polvere di innumerevoli secoli… Ho iniziato un processo irreversibile; chi sono io per alterare il corso della storia?

Infine troviamo, in contrasto — e neanche tanto — con le nevrosi e le insoddisfazioni umane, Snoopy. Lui sa di essere un animale, ma vuole essere tutto fuorché questo. Lui non parla mai, d’altronde è un cane, ma pensa sempre. Lo possiamo capire da come appaiono le nuvolette che Snoopy, emblema della perenne insoddisfazione, è sempre alla ricerca di altro che non sia la sua condizione di cane. Ma la ricerca si conclude sempre con un nulla di fatto. “Per pigrizia, per fame, per sonno, per timidezza, per claustrofobia, per ignavia”, Snoopy non riesce mai a mutare la sua identità e, cosa più importante, non si accetta mai per quello che è.

Una strip in particolare ha catturato la mia attenzione. Storia in breve: Schroeder è in un campo di zucche ad aspettare Il Grande Cocomero, una zucca che la notte di Halloween porta i doni ai bambini che credono in lui. Charlie Brown, che invece crede in Babbo Natale quale distributore di regali, viene quasi sbeffeggiato dal suo amico artista. “Come fai a credere in qualcosa che non è vero? Non comparirà mai! Non esiste!”, dice Charlie. Ad un tratto la fede di Schroeder sembra vacillare. È deluso dal fatto che Il Grande Cocomero non arrivi e col pugno rivolto al cielo, in un gesto drammatico, dice: “Non crederò mai più in te!”. Se vi soffermate per un momento sulla situazione, non vi pare che il dubbio sia il tema principale di un certo esistenzialismo? Inoltre, tutta questa attesa non vi sembra beckettiana in sé? Ci rifacciamo ad Aspettando Godot, che come analogia è già tutto dire.

Insomma, i Peanuts incarnano in tutto la società del 900, ma anche quella del secolo corrente, se applicate le dinamiche dei rapporti che caratterizzano i nostri giorni. La particolarità che più di tutte risalta nel fumetto è proprio la psicologia dei personaggi che, nonostante siano bambini, sono l’emblema delle paure e delle nevrosi di una realtà molto vicina alla nostra.

Da alcune settimane La Repubblica, per festeggiare i cinquant’anni dalla nascita di Linus — la famosa rivista che pubblicava i fumetti degli anni ’60 — ha ristampato le sue prime dodici edizioni. Non credete che sia un buon motivo per interessarvi a un genere letterario (mai sia ad affermare il contrario!) che è tutto fuorché infantile?

E poi, chi ha detto che i fumetti sono roba da bambini?

La copertina del primo numero di Linus (Aprile 1965).

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